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CAMPIONATI EUROPEI: ISLANDA QUESTO È SOLO L’INIZIO

Per molti è un miracolo nel calcio. 20000 tesserati conquistano l’Europa grazie all’attenta programmazione e a investimenti sulle strutture. Obiettivo: passare il primo turno.

Il ct della nazionale islandese agli Europei Lars Lagerback con Ary Freyr Skulason

Clamorosa e sorprendente. L’Islanda ha ottenuto il pass per Euro 2016 in Francia giungendo seconda in classifica nel girone A ed eliminando, contro ogni pronostico (tra le altre), l’Olanda. La nazionale islandese, in precedenza, aveva già sfiorato la partecipazione al mondiale brasiliano, sfuggita solo negli spareggi contro la Croazia. Alle spalle di questi risultati un movimento calcistico ben organizzato e con precisi obiettivi come testimoniano le parole di Arnar Bill Gunnarsson, Head of Football Development and Coach Education della federazione islandese. «L'obiettivo in Francia sarà passare almeno il primo girone – ci ha spiegato – ma il commissario tecnico Lars Lagerback potrebbe fissare l'asticella ancora più in alto. Non andremo solo a fare presenza o esperienza.»

 

SALTO DI QUALITÀ

Che ruolo ha avuto il ct nella straordinaria crescita della squadra?

«Decisivo. La federazione non dà indicazioni stringenti e non segue una filosofia calcistica specifica, gli allenatori delle nazionali sono lasciati liberi di operare come meglio credono. Lagerback, al suo arrivo nel 2012, ha portato professionalità ed esperienza internazionale. Avevamo sempre fatto bene nelle qualificazioni, ma mai abbastanza per il salto di qualità definitivo. Ora la squadra è ben organizzata e i giocatori sono cresciuti sul piano qualitativo.»

 

Quanto è importante fare esperienza a livello internazionale, per la crescita dei vostri giocatori?

«Molto, ma a livello giovanile facciamo fatica. Un grosso problema è il costo che dobbiamo sobbarcarci per gli spostamenti e per la logistica in generale. Per questo motivo i nostri ragazzi giocano meno partite all’estero dei pari età di altre nazioni. Il nostro obiettivo, quindi, è qualificarci nei tornei Under 17, 19 e 21 proprio per fare esperienza. I gruppi Under 13 e 15 fanno invece allenamenti e stage periodici, ma non partecipano a competizioni. Crediamo molto nei giovani, molti giocatori della nazionale sono arrivati alla fase finale degli Europei Under 21 in Danimarca nel 2011 e giocano ad alti livelli in giro per l'Europa tra Inghilterra, Scandinavia, Russia, Italia e Francia. Le leghe islandesi, del resto, sono solo semiprofessionistiche, e dunque la nazionale maggiore non può che essere gestita come una mera rappresentativa che si raduna in occasione delle partite.»

Arjen Robben e Birker Bjarnason in Olanda - Islanda gara valida per le qualificazioni a Francia 2016

INVESTIMENTI E PROGRAMMAZIONE

Un exploit come questo porta solitamente grandi benefici per lo sviluppo del movimento. Gunnarsson ci spiega che in realtà l’Islanda ha investito con largo anticipo, per programmare e crescere. «Fino al 2000 la stagione calcistica durava solo da maggio a ottobre e durante l'inverno i ragazzi giocavano tutti a pallamano o a basket – spiega – da quell’anno abbiamo iniziato la costruzione di strutture al coperto chiamate “football halls”. A oggi ne abbiamo sette con campi sintetici a dimensioni regolamentari, realizzate in collaborazione con i club locali più quattro con campi di dimensioni ridotte. E inoltre ci sono quattro o cinque club che vogliono costruirne altre. I ragazzi possono così allenarsi e giocare tre o quattro volte a settimana per tutto l'anno. Abbiamo anche la possibilità di utilizzare campi sintetici all'aperto dove, tempo permettendo, eliminiamo la neve con acqua calda naturale di cui l’Islanda abbonda».

 

Che tipo di organizzazione ha, invece, l’Islanda per la crescita dei giovani talenti?

«Abbiamo 50 club amatoriali, nessuno professionistico – racconta Gunnarsson – e tutti i ragazzi giocano in quello più vicino a casa. I calciatori lasciano le squadre più importanti solo se non si dimostrano all’altezza delle leghe senior, per scendere di livello. Non esiste, dunque, un club che ha tutti i migliori giocatori, non ci sono società professionistiche che comprano i talenti di maggiore prospettiva. Tutti, ragazzi e ragazze, hanno le stesse possibilità e ore di gioco, gli stessi servizi e gli stessi allenatori. Non c'è nessuna selezione fino alla senior league semi professionistica. L’unica distinzione è di tipo qualitativo all'interno delle sessioni di allenamento. Se ci sono quaranta giocatori della stessa squadra o annata, tutti eseguono le stesse esercitazioni ma divisi in gruppi omogenei per livello tecnico. I campionati sono divisi in un’unica fascia di età fino a 6 anni e poi a cadenza biennale 7-8 anni, 9-10 e così via.»

 

Qual è il livello di preparazione degli istruttori?

«Da noi gli allenatori dei settori giovanili frequentano i corsi per abilitazione Uefa B dal 2002 e Uefa A dal 2004, anche chi opera con le prime fasce di età è ormai altamente formato. Non c'è una metodologia su cui basarsi riconosciuta ufficialmente dalla federazione, il lavoro tecnico viene effettuato a discrezione dei singoli club. Alcuni di essi utilizzano la metodologia del Coerver Coaching. Negli ultimi due anni sono venuti diversi loro allenatori, dall'estero, per dirigere corsi specifici. A livello federale proponiamo, comunque, ore di formazione per i tecnici in possesso dei patentini Uefa B e Uefa A anche oltre le quindici obbligatorie in tre anni.»

 

L’Islanda s'è qualificata agli europei del 2016 avendo 20.000 tesserati e circa 10.000 praticanti amatoriali, numeri risibili in confronto alle nazioni al top in Europa. Eppure è stata presente alle finali francesi quanto noi, con merito: anche questo è il bello del calcio.

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