IL CALCIASTORIE: L’INTEGRAZIONE NEL CALCIO
I ragazzi delle scuole superiori narrano storie di calcio che raccontano l’Italia e il suo tessuto sociale.
Lunedì 22 Febbraio 2016 | Ivano Maiorella
Se visiti il sito www.ilcalciastorie.uisp.it, ti trovi di fronte a una lettura inedita del calcio. E scopri che questo sport sa essere professore di storia e sa far affiorare lati oscuri di impegno sociale, contro il razzismo e le discriminazioni. Quali? Lo spiega una breve citazione presa in prestito da Edoardo Galeano, scrittore argentino che attraverso il calcio ha raccontato il Sud America e le sue ingiustizie: «I subordinati debbono eterna obbedienza ai superiori, come le donne debbono obbedienza agli uomini. Il razzismo si giustifica, come il maschilismo, per l’ereditarietà genetica: i poveri non sono sfottuti per colpa della storia, bensì per opera della biologia. Il destino ce l’hanno nel sangue…». E il calcio che c’entra? Qui entra in ballo il progetto Il Calciastorie, nato per iniziativa della Lega di serie A e dell’Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti. Nel corso della passata stagione calcistica e grazie ai ragazzi delle scuole superiori di quindici città italiane (tutte quelle che sono sedi di squadre di serie A) sono state raccontate storie di oggi e di ieri, più o meno note, di razzismo e discriminazione. Attraverso queste storie esemplari, spesso anche con testimonianze o ricostruzioni, il fenomeno è stato studiato dai ragazzi secondo il loro punto di vista.
IL CALCIO FENOMENO SOCIALE
Ne emerge un album di video, foto, musica e resoconti che vale la pena sfogliare, perché il calcio è un grande fenomeno sociale da interrogare e conoscere. Più a fondo e in maniera complessa, senza fermarsi nella sala d’aspetto delle buone intenzioni, della retorica, dei tabellini delle partite o delle classifiche. Varcare l’androne significa incontrare, ad esempio, la storia di Arpad Weisz, raccontata da Matteo Marani, giornalista sportivo, nel suo libro “Dallo Scudetto ad Auschwitz" che ha fatto da apripista in tutte le scuole coinvolte nel progetto. Le leggi razziali risalgono al 1938 - 39 e da qui parte il calvario di Arpad Weisz, ungherese di Solt, tecnico di successo, vincitore dello scudetto nel 1930 con l’Ambrosiana Inter e nel 1936 e 1937 col Bologna. A un certo punto sparì e non se ne seppe più niente. Fu deportato e finì i suoi giorni in campo di concentramento perché era ebreo. E oggi? A che punto sono integrazione e tolleranza? Oggi che il 44,2% degli studenti delle nostre scuole è di origine straniera, come si interagisce con la differenza? E qui entra in ballo il calcio, per una volta professore di storia e non sul banco degli imputati. Attraverso i lavori realizzati dai ragazzi che sono stati tanti e bellissimi.
CONOSCENZA CONTRO PREGIUDIZIO
Soltanto la conoscenza può aiutare a combattere il pregiudizio. Il taglio scelto dai ragazzi del Liceo classico Giovanni Maria Dettori di Cagliari (4 ‘A’-MORI ROSSOBLU’) è stato davvero particolare: attraverso alcune storie di calcio hanno realizzato un racconto per cercare di frantumare il pregiudizio contro la Sardegna, “identificata ancora come terra di pastori e di banditi – scrivono gli studenti – e per secoli si è usata l’espressione ‘ti mando in Sardegna’ in tono minaccioso e punitivo, soprattutto tra militari e poliziotti”. In realtà le storie di Gigi Riva, Nenè, Giuseppe Tomasini e quella di Fabrizio De Andrè spazzano via il pregiudizio e dicono che esiste una sorta di mal di Sardegna, se ci vieni te ne innamori. Ovvero: i pregiudizi sono duri a morire, soltanto la conoscenza può combatterli. È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, diceva Albert Einstein. I ragazzi del Calciastorie hanno seminato bene.
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