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IL MENISCO:TUTTO QUELLO CHE BISOGNA SAPERE

L’intensa attività fisica produce effetti degradanti sui “cuscinetti” delle ginocchia del calciatore. Capiamone assieme di più per limitarne gli effetti.

Figura 1: cartilagine ialina. Colorazione con emallume-eosina.

Le lesioni cartilaginee sono divenute di estrema attualità in ambito sportivo (Nella foto di copertina Luis Suarez, al Liverpool ruppe il menisco, la sua partecipazione ai mondiali in Brasile fu incerta sino a pochi giorni dal via) . Infatti, mentre se da un lato il naturale processo d’invecchiamento comporta un fisiologico deterioramento delle cartilagini articolari, dall’altro è altresì vero che le attività sportive intense possono logorare e danneggiare i “cuscinetti” delle nostre articolazioni anzitempo. Ciò accade per un fenomeno il più delle volte di “overuse” (eccesso di utilizzo n.d.r.) oppure, anche se più raramente, per cause traumatiche. L’enorme sviluppo dell’imaging (soprattutto della risonanza magnetica) a cui abbiamo potuto assistere in questi ultimi anni, ha indubbiamente contribuito in maniera sostanziale all’odierna comprensione di questo genere di lesioni, soprattutto nello sportivo, rendendone agevole la diagnosi.  Negli anni in cui si aveva a disposizione solo la radiologia convenzionale, o al più l’artrografia ciò era invece molto difficile, se non impossibile.

 

COS’È LA CARTILAGINE

La cartilagine che ricopre le articolazioni è chiamata “ialina” (figura 1) e rappresenta il tipo di cartilagine più diffuso Il suo nome deriva dal fatto che quest’ultima appare come una massa traslucida, opalescente, di colore bianco perlaceo; come d’altro canto ci indica la sua etimologia: ialina deriva infatti dal greco “hyalos” che significa vetro. Il suo spessore varia da articolazione ad articolazione e va da meno di 1 millimetro, ai 6 millimetri circa come ad esempio possiamo ritrovare nell’articolazione femoro - rotulea. L’abbozzo dello scheletro dell’embrione e del feto è costituito quasi del tutto da cartilagine ialina che, nel corso dei processi di ossificazione, attraversa un processo di calcificazione e viene sostituita dal tessuto osseo. Nell’individuo adulto, la cartilagine ialina riveste non solo le superfici articolari ma forma anche le cartilagini costali, gli anelli tracheali, gran parte delle cartilagini laringee, le cartilagini bronchiali e le cartilagini nasali. Il compito della cartilagine ialina che ricopre le articolazioni è quello di favorire lo scorrimento dei due capi articolari durante il movimento.

Figura 2: rappresentazione grafica dei diversi gradi di danno cartilagineo secondo la Icrs.

COM’È FATTA

La cartilagine ialina è formata dalla matrice e dai condrociti. La matrice (o sostanza intercellulare) è ricca di fibre di collagene, di proteoglicani, acido ialuronico e glicoproteine, che costituiscono la sostanza fondamentale. I condrociti (le cellule che compongono la cartilagine), sono isolati nella matrice o disposti in piccoli gruppi.

Il tessuto cartilagineo non è vascolarizzato ed il nutrimento dei condrociti avviene per un fenomeno di diffusione del liquido sinoviale. Sotto carico infatti la cartilagine si comporta come una vera e propria spugna, disperdendo il liquido sinoviale ricco di cataboliti condrocitari e riacquistando il volume originario, nel successivo momento di scarico, riassorbendo contestualmente il liquido rinnovato di elementi nutritivi.

Attualmente per ciò che riguarda la classificazione dei danni cartilaginei si fa normalmente riferimento alla "stadiazione" dell'Icrs (International Cartilagine Repair Society). Questa classificazione prevede (Figura 2):

  • Grado 0 (normale)
  • Grado 1 (quasi normale: lesione superficiale)
  • Grado 2 (anormale: lesione estesa fino a <50% dello spessore della cartilagine)
  • Grado 3 (molto anormale: difetto >50%)
  • Grado 4 (molto anormale: lesione osteocondrale)

COME SI CURANO LE LESIONI

In caso di danni cartilaginei modesti il primo trattamento è senza dubbio di tipo conservativo. In questo caso si tratta soprattutto di supportare muscolarmente l’articolazione, in modo tale da fornirle una sorta di “ammortizzatore naturale” che allevi il carico sulla cartilagine sofferente. A questo tipo di trattamento si aggiungono anche interventi di tipo farmacologico basati essenzialmente su iniezioni articolari di acido ialuronico ad alto peso molecolare, oppure sulla nuova viscosupplementazione a base di polinucleotidi. Un’ulteriore possibilità è rappresentata dall’utilizzo, sempre tramite iniezione intra-articolare dei fattori di crescita piastrinici (Prp, platelet rich plasma), ossia un centrifugato ottenuto dal plasma del paziente ricco di fattori di crescita. I condroprotettori sembrano dare blandi benefici su lunghi periodi di assunzione.

 

IL TRATTAMENTO CHIRURGICO

In caso di problemi cartilaginei più gravi od in caso di fallimento del trattamento conservativo, occorre considerare un possibile approccio di tipo chirurgico. Attualmente le tecniche chirurgiche adottabili possono essere sostanzialmente ricondotte a due categorie:

Nella prima categoria ritroviamo tutte quelle tecniche il cui intento sia di stimolare la riparazione della cartilagine lesionata. In questo caso il tessuto che si ottiene è fibro-cartilagine, ossia una cartilagine di qualità biologica e meccanica inferiore ma comunque accettabile e valida per risolvere il problema condrale. Nella seconda categoria ritroviamo invece tutte quelle tecniche dedicate alla rigenerazione ex novo della cartilagine ialina.

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