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LA “STORTA” DELLA CAVIGLIA

Tutto ciò che il calciatore, il genitore e lo staff tecnico devono sapere riguardo alle distorsioni e al conseguente trattamento riabilitativo.

Quante volte nella nostra vita quotidiana e in particolare durante la pratica sportiva ci è capitato di “prendere una storta”. Modo di dire usato e abusato che intende la sensazione (assolutamente spiacevole) di instabilità e dolore sul versante laterale della caviglia. Ma cosa si nasconde dietro questa espressione apparentemente semplice? Il discorso in realtà è ben più ampio e complesso, proviamo ad approfondirlo.

Le distorsioni della caviglia sono sicuramente gli infortuni più comuni nel calciatore. Circa il 30-40% delle lesioni acute sono inoltre destinate a evolvere in instabilità croniche con conseguente notevole limitazione della performance atletica. Questi dati dovrebbero far riflettere, perché spesso si tratta di un evento sottovalutato e quindi mal curato, soprattutto nei casi di lesioni modeste. La cronicizzazione è legata a un elevato rischio di ricaduta se il calciatore non effettua un accurato programma riabilitativo e preventivo.

Lo scopo della riabilitazione è il massimo e più rapido recupero funzionale, al fine di ridurre al minimo la limitazione conseguente all’infortunio. Per ottenere questo risultato, il trattamento più efficace è di tipo funzionale, individuale e gesto-specifico. 

L’applicazione del bendaggio compressivo è uno dei passaggi dell protocollo P.R.I.C.E.

Poniamo il caso di una lesione acuta: nei primi 3-4 giorni, dopo una accurata valutazione medica, si applicherà il protocollo P.R.I.C.E. allo scopo di ridurre il dolore, il gonfiore e l’estendersi della lesione. Questo acronimo anglosassone sta a significare: la protezione dell’arto (Protection), il riposo relativo (Rest), l’applicazione di ghiaccio (Ice), l’applicazione di bendaggio compressivo (Compression) e il mantenimento dell’arto in elevazione (Elevation).

Se non esistono controindicazioni mediche, è fondamentale iniziare precocemente il percorso riabilitativo, già 4-5 giorni dopo l’infortunio. Possiamo schematizzare gli obiettivi da raggiungere in cinque fasi. Questa schematizzazione non va considerata limitante, ma indicativa del percorso da seguire. Le varie fasi, infatti, potranno sovrapporsi e il paziente progredirà, sotto monitoraggio medico, in relazione alle sue capacità di guarigione, sino al raggiungimento di obiettivi funzionali sempre più complessi. Si ideerà quindi un progetto riabilitativo personalizzato.

 

LE 5 FASI

Fase 1: risoluzione del dolore, gonfiore e infiammazione. Il protocollo PRICE, se necessario, potrà essere applicato ancora per qualche giorno, in particolare a conclusione di ogni seduta riabilitativa. Per favorire la guarigione dei legamenti interessati e la risoluzione dell’infiammazione, si possono utilizzare terapie fisiche quali: ultrasuonoterapia, termoterapia e crioterapia. Per il cammino, al paziente verrà concesso un carico parziale e progressivo con l’ausilio di due stampelle.

Fase 2: recupero dell’articolarità e della flessibilità. Mediante cauta mobilizzazione dell’articolazione sui vari piani dello spazio in condizioni di sicurezza, evitando sollecitazioni dannose e ponendo molta attenzione ai “tempi biologici” della guarigione dei legamenti.

Fase 3: recupero della forza muscolare. Può essere iniziato precocemente mediante esercizi passivi e assistiti dal fisioterapista. Con il progredire della guarigione, saranno introdotti gradualmente esercizi più impegnativi e complessi. Il rinforzo muscolare è sinergico al recupero dell’articolarità, in tutta questa fase sarà il sintomo dolore a consentire la progressione dei carichi di lavoro. Nello stesso modo, verrà progressivamente concesso il carico completo sull’arto infortunato e l’abbandono delle stampelle. 

Il lavoro propriocettivo è un aspetto fondamentale della quarta fase del progetto riabilitativo.

Fase 4: recupero degli schemi motori e della coordinazione. È un momento cruciale nel recupero, solo la riconquista della capacità propriocettiva potrà consentire il ritorno alla sport. Per propriocezione si intende la consapevolezza della posizione del corpo e del movimento nello spazio. Si tratta quindi di specifici esercizi dinamici, inizialmente semplici e sicuri con tavolette, seguiti da esercizi sempre più destabilizzanti che simulino il gesto atletico. Per questi esercizi la partecipazione mentale dell’atleta è fondamentale in particolare per la sua sensazione di sicurezza che si svilupperà progressivamente.

Fase 5: recupero del gesto atletico e ritorno allo sport. Per il calciatore è la fase più importante: solo in questo momento rivive concretamente il ritorno all’attività. Prima del momento in cui il giocatore ricomincerà però a praticare effettivamente l’attività agonistica e quindi la gara, è necessario che l’infortunato riprenda contatto col terreno di gioco. La scena riabilitativa si sposta dunque sul campo di calcio dove il giocatore sarà sottoposto a training specifico direttamente nel suo ambiente.

 

LE LESIONI CRONICHE

Un altro importante capitolo sono le lesioni croniche, esito spesso di episodi acuti mal curati con guarigione impropria dei tessuti. Nella maggior parte dei casi, il calciatore riferisce di distorsioni ricorrenti durante la pratica sportiva o anche nelle attività di vita quotidiana. Conseguenza quindi è la cronicizzazione del dolore e la percezione di un’importante sensazione di instabilità limitante la pratica sportiva. Il prossimo mese affronteremo quindi la gestione della instabilità cronica di caviglia e la prevenzione di nuovi infortuni (clicca e leggi gli altri articoli di Stefano Respizzi).

Con la collaborazione di Cristiano Sconza

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