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IL COMPITO DELL’ISTRUTTORE

Allenare i giovani, tanto più nelle prime fasce d’età, richiede competenza e passione. E soprattutto, la capacità di coinvolgere e affascinare.

Anni fa Clarence Seedorf, durante un’intervista, mi parlò con grande passione del suo primo istruttore all’Ajax. Non lo ricordava per le capacità tecniche o le competenze tattiche, ma per la grande dedizione e umanità. Massimo De Paoli, nel filmato, evidenzia il concetto: con i bambini si parte dal divertimento, dalla passione che sappiamo trasmettergli, dai sogni che siamo in grado di regalargli. Questa è la base su cui costruire tutto il resto, perché prima che calciatori sono bambini e non dobbiamo mai dimenticarlo.

 

PENSATE CON LA LORO TESTA

Troppo spesso l’allenatore ragiona con la sua testa e il suo modo di vedere e intendere la realtà, mentre dovrebbe prendere coscienza del modo in cui i piccoli allievi, che ha la responsabilità di accompagnare nella loro vita sportiva, vivono il mondo che li circonda.

Guidare i giovani e condividere le loro esperienze, significa farsi carico delle loro esigenze che, tra l’altro, comportano la necessità di comprendere cosa sono in grado di imparare, come possono farlo e, soprattutto, parlare la loro lingua, per farsi comprendere e non per imporre le proprie idee o la propria personalità. L’istruttore mette a disposizione se stesso e le proprie competenze con l’obiettivo primario di coinvolgere e far divertire i bambini, contagiandoli con la propria passione.

Per questo Massimo De Paoli insiste su questo aspetto, poiché è il primo indicatore del fatto che si sta facendo un buon lavoro. Una squadra di bambini tristi che pratica un buon calcio è indice di fallimento… sul piano personale.

 

Scopri il prossimo appuntamento con massimo De Paoli

GARA A TAPPE

La crescita di un calciatore è un viaggio che dura 12 o 13 anni prima di arrivare alle soglie di una prima squadra, non è quindi uno sprint ma una gara di resistenza. Significa rinunciare ad altre esperienze, non poter condividere tempo con i coetanei perché si è impegnati con la squadra, il proprio allenatore e… se stessi. Un carico di lavoro e responsabilità che dovremmo essere in grado di distribuire e alleviare, soprattutto nelle prime fasce d’età, per abituare il bambino a maturare e ad affrontare gli impegni. Anche in questo caso si tratta di un vero e proprio allenamento, nel quale se si sbagliano i carichi si ottiene un solo risultato, l’abbandono dell’attività sportiva e, peggio ancora, la fine del sogno.

E quindi, scegliete con cura le esercitazioni, fate i vostri test, pensate all’intensità della seduta, ma non dimenticate che, a qualunque età, non dovete mai spegnere il sorriso sul volto dei giovani che vi siete presi la responsabilità di guidare.

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