CALCIO: COMUNICARE COL GRUPPO
Parlare con efficacia alla squadra è decisivo per la riuscita di un progetto calcistico. Le indicazioni e i consigli dello psicologo e psicoterapeuta Flavio Nascimbene.
Sabato 14 Maggio 2016 | Gianluca Ciofi
Il compito dell’allenatore è trasmettere le sue competenze ai calciatori e per farlo la comunicazione rappresenta uno strumento importante. Le capacità del tecnico vengono spesso messe alla prova, soprattutto nei diversi momenti di confronto diretto, occhi negli occhi col gruppo. Fra questi, uno dei frangenti più delicati è il discorso con lo spogliatoio che prepara e precede la partita. Abbiamo chiesto all’ospite di questo “Senti chi parla” qualche consiglio in merito. Flavio Nascimbene è psicologo e psicoterapeuta, esperto in Psicologia dello Sport, docente di Psicopedagogia presso i Corsi Uefa B della Figc e presso l’Università Cattolica di Milano. Tra le altre attività coordina il progetto di psicologia dello sport dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia.
GESTIAMO LE TENSIONI DELLA SQUADRA
«Soprattutto prima di una partita importante (ma il discorso vale in generale) – ci spiega – l’allenatore deve essere conscio che il livello di tensione nella squadra è molto alto. Il pericolo da evitare è che questo stato psicologico ed emotivo oltrepassi il limite di equilibrio e si trasformi in ansia, che può comportare nel giocatore frammentazione e blocco del pensiero oltre che dei movimenti. Se si ha molto tempo a disposizione, è consigliabile, almeno 30' prima del fischio d’inizio, utilizzare qualche tecnica di rilassamento (per esempio semplici esercizi di respirazione) e in quel lasso temporale ripassare gli obiettivi tattici collettivi e individuali su cui si è lavorato e che sono stati prefissati. Se il calciatore è rilassato, la sua mente è più elastica, flessibile e ricettiva. Poi si lascia che i giocatori rientrino nello stato di attivazione più consono alla prestazione. Nei momenti che precedono l’impegno agonistico comunicate poco: chiare e semplici indicazioni. In quel frangente la mente dei calciatori si irrigidisce allo stesso modo dei muscoli, perdendo la flessibilità necessaria per articolare concetti, col risultato che l'attenzione si focalizzerebbe solo su alcune idee isolate, forse neanche quelle centrali e in ogni caso scollate dal resto.»
LINGUAGGIO ANALOGICO E DIGITALE
«Il modo migliore per riuscire a trasmettere il messaggio voluto, facendo in modo che i giocatori lo recepiscano, è “adattarsi” allo stato d’animo dello spogliatoio. Dobbiamo entrare in sintonia emotiva col gruppo. Se la squadra è spenta, impaurita, preoccupata e tradisce segnali di ansia, non ha senso entrare “fischiettando” allegramente o mostrando un'iperattività fuori luogo. È opportuno entrare in sintonia con loro, “abbassarsi” e successivamente alzare il livello di autostima generale infondendo fiducia. Viceversa i giocatori vi sentiranno distanti e i vostri tentativi di comunicare saranno poco fruttuosi. Più la squadra vi sente vicini, più sarà disposta ad accogliere pensieri, indicazioni e consigli. Di converso, se c’è eccessiva tensione, il tecnico dovrebbe saperne leggere i segnali ed evitare l’errore più grande: alimentarla e generare ipertensione, agitazione, ansia e incapacità di autocontrollo. Come? Si può essere fermi e pacati, trasmettendo consapevolezza e sicurezza nelle parole ma anche, e soprattutto, nei gesti. È la differenza fra il linguaggio digitale e quello analogico. Il primo è ciò che diciamo, i contenuti verbali che esprimiamo; il secondo viene espresso dal comportamento e dalle espressioni del corpo. Il primo impatto, nella comunicazione, è corporeo, non contenutistico. Il ragionamento che faccio, intendiamoci, vale soprattutto per calciatori di livello agonistico. Con i bambini-ragazzi sotto i quindici anni il discorso è diverso, perché semmai si potesse parlare di obiettivo si tratta di un'ottica a medio-lungo termine: con i giovani si lavora per la loro crescita futura, per l’apprendimento, quindi anche il comportamento e la comunicazione del tecnico deve essere pensata e messa in atto in questo contesto.»
ALZARE I TONI, CI PUÒ STARE?
«Lo sprone dell’allenatore un po’ aggressivo nei toni può avere senso in qualche caso, come per esempio se si pensa sia giusto provare a dare il classico "scossone", ma attenzione deve essere consapevole, gestito e gestibile. Non deve essere il frutto della perdita di autocontrollo. L’allenatore deve sempre dare l’impressione di avere la situazione in mano, deve infondere fiducia nei ragazzi. Se lui è il primo a non sapersi gestire, a eccedere in tensione, può perdere punti di riferimento e capacità di controllo delle situazioni, il che si trasmette inevitabilmente alla squadra e genera effetti dannosi. Attenti, dunque, anche alla gestualità, perché i messaggi analogici, di cui parlavamo prima, passano spesso in modo inconscio e, se recepiti a quel livello, non possono essere razionalizzati e vengono messi in atto.»