IL CALCIO POSITIVO DI EZIO GLEREAN
Il movimento italiano visto con gli occhi del tecnico veneto. Una breve analisi critica, dispiaciuta, di quello che l’Italia non è più e dovrebbe tornare a essere.
Lunedì 15 Febbraio 2016 | Gianluca Ciofi
«Di buono nel calcio italiano oggi come oggi c’è ben poco e questo avvilisce. Siamo stati per anni un punto di riferimento nel mondo, in passato abbiamo sfornato grandissimi campioni, cosa che non riusciamo più a fare.» Ce lo dice con velata amarezza Ezio Glerean, sessantenne tecnico apprezzato e stimato soprattutto nei primi anni duemila, quando fece scuola col suo calcio offensivo e spregiudicato basato su un modulo di gioco che prevedeva quattro punte e l’applicazione sistematica del pressing alto. Un punto di riferimento per molti giovani allenatori che hanno approcciato al mestiere in quegli anni.
IN EUROPA SI INVESTE
«Spiace notare che altri paesi europei, cito per puro esempio Germania e Belgio, hanno portato avanti e messo in pratica idee e progetti, sui quali hanno investito con profitto ottenendo grandi risultati nel reclutamento e nella crescita di talenti. Non mi sembra di vedere nei nostri dirigenti federali altrettante idee e spirito d’iniziativa, ed è un peccato. La scuola che forma i nostri tecnici è antica, dobbiamo tornare ad allenare testa e fantasia. Il tifoso – continua l’ex tecnico fra le altre di Cittadella, Padova e Venezia – ama vedere le grandi giocate, quelle che rendono così bello questo gioco. Il nostro calcio tende, in più, a essere maleducato. Sono convinto che questo derivi anche dal fatto che i giocatori hanno meno piacere di giocare. Se si divertissero di più, sono certo che sarebbe semplice e naturale, per loro, stare dentro le regole.»
LASCIATE I RAGAZZI LIBERI DI SCEGLIERE
«Mi sembra, ripeto, che manchino idee e di conseguenza crescita. Gli ultimi fuoriclasse che il calcio italiano ha prodotto sono nati negli oratori, dove i ragazzi erano liberi di scegliere. Oggi nelle scuole calcio scegliamo noi per loro e il risultato è che non crescono come dovrebbero. Questa cosa ci dovrebbe far riflettere. Dico tutto ciò da amante del calcio, soprattutto quello italiano. Alcuni buoni esempi comunque ci sono. Mi piace il progetto del Sassuolo, la prima squadra intendo. Gioca un ottimo calcio organizzato e offensivo ed è guidata da un bravissimo allenatore. Ma la cosa più importante è che Di Francesco, il tecnico, è un vero e proprio punto di riferimento, stabile perché legittimato tale dalla società. Troppi allenatori sono solo di passaggio, spesso non per loro colpe specifiche, non potendo così assumere il ruolo di vera e stabile guida del progetto.»
NON ALLENATE CON LA PAURA DELL’ESONERO
«Per quanto riguarda gli allenatori di prime squadre, poi, mi sembra abbiano poca attenzione riguardo ai giovani, si interessano poco del loro settore giovanile. Se mi chiedete un consiglio per tutti coloro che stanno studiando per diventare allenatore o hanno appena finito di studiare e vogliono cimentarsi in questa avventura (sempre di prime squadre intendo), direi: abbiate il coraggio di proporre le vostre idee, andate avanti con le vostre convinzioni e non lavorate con la paura dell’esonero. È, questo, un limite che vi orienta solamente al risultato, non alla crescita dei giocatori. L’amarezza, la sconfitta più grande, per un tecnico non è essere esonerati ma non avere lasciato niente ai ragazzi del vostro operato. Con la crescita dei vostri giocatori state pur certi che risultati arriveranno di conseguenza.»