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CALCIO: PRIMA L’IDEA DI GIOCO O IL MODULO?

Qual è il principio base su cui lavorare con la nostra squadra? La sistemazione in campo a noi tanto cara o la messa in atto di concetti di gioco?

Nell’approccio al lavoro con la squadra viene prima il modulo di gioco o l’idea, il modello? Spesso ci si trova, soprattutto nei dilettanti (ma vale nel calcio in generale come leggerete in seguito) che si vorrebbe giocare con un sistema preciso e prediletto ma sul campo risultati non sono quelli attesi perché, per esempio, mancano i giocatori con le caratteristiche giuste. Che fare dunque? Piccoli o grandi aggiustamenti ma sempre all’interno del modulo preferito, insistendo su quello, o cambiare radicalmente adattandolo ai giocatori, all’idea di gioco della squadra e del tecnico? È il presidente degli allenatori italiani Renzo Ulivieri, stavolta, a dirci la sua e a confrontarsi con i partecipanti al dibattito sul web.

 

È UN PROBLEMA CHE SI PONE ANCHE FRA I PROFESSIONISTI

«Innanzitutto posso garantirvi che queste situazioni non accadono solo nei dilettanti, fidatevi – ci spiega Ulivieri - il problema si pone anche fra i professionisti. Il mio consiglio è quello di adattare il sistema di gioco alle caratteristiche dei vostri giocatori e dare preferenza quindi al modello, all’idea e stante le qualità dei calciatori a vostra disposizione trovare il modulo migliore.» Siamo in linea quindi con quanto dicono Abdulaziz Ahmed, Massimo Martinelli, Stefano Menghetti, Salvo Sacco, Luca Bellini, a maggior ragione nel settore giovanile come sostiene Marco Osti ed è quello che sostiene anche Nicola Piccolo (decidere di voler allenare il pressing a un’altezza, per esempio, fa parte della mia idea o modello di gioco).

 

I GIOCATORI E IL GIOCO IL PUNTO DI RIFERIMENTO

«Del resto quella rosa avete, con loro condividete il progetto e dovete lavorare per giocare il calcio che volete, indipendentemente dal modulo. Poi – e qui si innesta il ragionamento di Simone Giovannelli, Antonio Ippolito e la seconda parte di Stefano Menghetti - tenete conto che i ragazzi o le ragazze possono migliorare. Lavorate anche sulle necessità dei singoli, se ci si trova nella situazione secondo me più giusta e cioè progetto condiviso, ricerca del gioco e allenamenti orientati a imparare il calcio la squadra sarà coinvolta e più entusiasta. Si presterà a esercitarsi un po’ di più anche singolarmente su ciò che va migliorato.»

 

IL MODULO PUO ESSERE UTILE PER IL MODELLO?

Corretto anche quello che dice Stefano Morandi: se prediligo giocare palla a terra con molti fraseggi mettersi in campo 1-3-4-3 offre, a titolo di esempio, moltissime possibilità di scaglionamento e quindi dovrebbe aiutare. A Raffaele Iuliano possiamo dire che è possibile ma forse non auspicabile perché se così fosse la scelta ha un che di statico, mentre il calcio tende a evolversi e la spinta viene da chi ha il coraggio di osare qualcosa di diverso sulla base di idee, principi e concetti che sottendono un modello. E prendendo atto dell’autocritica che Bernardino Filardi fa al nostro movimento (sarebbe un bell’argomento da approfondire), sembra che Massimiliano Osman sia dalla parte di chi vede l’insegnamento del calcio, oggi, come una trasmissione di concetti e di principi, in sostanza, indipendentemente dallo schemino di partenza con il quale viene riempita la lavagna a inizio partita. Interessante al proposito l’articolo di Angelo Pereni dedicato tra le altre cose proprio all’insegnamento dei concetti di gioco. È quello che ci invita a fare proprio Renzo Ulivieri: «il primo fra i tanti obiettivi di un allenatore di calcio è insegnare alla sua squadra a giocare a calcio». A breve l’intervista completa su Allfootball.

 

Leggi gli altri post con il commento dei nostri esperti alle considerazioni dei lettori.

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