CALCIO: COINVOLGERE IL GENITORE ASSENTE
Non sempre mamme e papà seguono l’avventura sportiva dei figli, e mancano all’appello. Motivi, vantaggi e consigli per farli entrare in squadra.
Giovedì 14 Aprile 2016 | Roberto Mauri

Forse qualcuno potrebbe non essere d’accordo con il titolo di questo blog e ritiene, scherzando ma non troppo, che le squadre con cui si lavora meglio sono quelle composte da “orfani”, ovvero senza genitori “tra i piedi”. Certo, di qualche sfegatato papà tifoso (ma forse sarebbe meglio dire sfegatato tifoso anche papà) si farebbe volentieri a meno. Non confondiamo però l'eccezione con la regola: la grande maggioranza di madri e padri si comporta in modo corretto verso allenatori, arbitri e altri tifosi. È bene ricordare che i genitori sono un punto di riferimento per i calciatori e il calcio è uno dei principali palcoscenici in cui le relazioni fra genitori e bambini vengono “messe in scena”. A volte, lo sappiamo, sembra di assistere a piccoli psicodrammi, ma questo non fa altro che sottolineare quanto lo scenario sportivo sia importante per il loro rapporto. Agli adulti interessano eccome le performance sportive dei propri pargoli, come per un ragazzo impegnato in una partita fa molta differenza la presenza del papà o della mamma mentre gioca, anche se a volte lo sguardo che arriva è pesante o ingombrante. E questo un bravo allenatore o dirigente sportivo dovrebbe saperlo e tenerne conto. Senza scomodare il libro Cuore, la verità è che quando mamme e papà sono assenti il piccolo calciatore è più povero, anche sotto l'aspetto della motivazione e dell'impegno. A volte l’assenza del genitore è un fattore pesante quanto l’atteggiamento dell’invadente, specie quando tale mancanza rischia di discriminare negativamente i piccoli, più che altro agli occhi dei compagni o degli altri adulti.
COSA FARE CON I GENITORI ASSENTI
Anzitutto ci dobbiamo accorgere della loro assenza! Come vanno saputi gestire i tanti presenti e le loro più o meno realistiche aspettative, così occorre farsi carico anche dell’assenza di alcuni di essi e coglierne le motivazioni. Le ragioni per le quali un genitore si disinteressa dell’attività sportiva del figlio potrebbero essere diverse facendo esse parte della storia specifica della famiglia e del modo di intendere l’educazione e il rapporto con i figli. Semplificando, però possiamo individuare alcune cause ricorrenti.
- Concomitanza di troppi impegni.
- Disinteresse per l’aspetto sportivo.
- Conflitto più o meno dichiarato col figlio.
CONCOMITANZA DI TROPPI IMPEGNI
Il genitore impegnato è generalmente persona “programmata”. In questo caso è utile comunicargli con largo anticipo il calendario delle gare, individuare strategicamente una partita nella quale il piccolo sarà protagonista e spiegargli l’importanza della sua presenza. Ho saputo di un bravo allenatore che inviava video di spezzoni di partita a un papà spesso in trasferta di lavoro per tenerlo informato e… “agganciato”. È stato così che ha saputo liberarsi per un incontro di finale facendo una grande sorpresa e un enorme regalo al figlio.
DISINTERESSE PER L’ASPETTO SPORTIVO
Il genitore in questi casi semplicemente non condivide la passione sportiva del bambino o della bambina. Egli potrà essere coinvolto lavorando su altri aspetti, per esempio l’aspetto ludico delle serate associative e una volta “agganciato” richiedere la sua collaborazione pratica, per esempio per il trasporto dei giocatori nelle trasferte. È comunque importante far sentire loro che ci si ricorda che esistono, anche se non li si incontra alle partite. Una volta inseriti nel gruppo degli altri adulti, sarà più semplice coinvolgerli in azioni che li gratifichino in base anche alle loro caratteristiche e interessi.
Nel prossimo post ci occuperemo della terza causa ricorrente, la più delicata… il conflitto più o meno dichiarato col figlio.
Fine prima parte – leggi gli altri post a cura di Roberto Mauri