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AL MILAN DOBBIAMO ARRIVARE AL CUORE DEI RAGAZZI

Filippo Galli ci parla del percorso di crescita del giovane calciatore, della formazione continua dei tecnici e dell’importanza degli aspetti relazionali.

Nel percorso di formazione dei calciatori, in Italia, è parere diffuso che manchi un collegamento efficace tra il mondo giovanile e quello degli adulti. Un passaggio, questo, cruciale per un giovane talento. In alcuni paesi europei, esistono seconde squadre che permettono di prolungare, quando necessario, la maturazione del giocatore in un contesto idoneo e funzionale al graduale inserimento in prima squadra. Da noi le scelte sono minori, lo sbocco è spesso la Lega Pro che però la maggior parte delle volte non si dimostra l’ambiente ideale…

 

Cosa ne pensa?

«Il problema del nostro calcio è che non ha fatto “sistema”. All’estero esistono progetti – relativi alla crescita del talento – che coinvolgono l’intero movimento e i singoli club e consentono al giocatore un percorso adeguato. In Italia non si riesce a trovare una soluzione comune, un accordo fra le varie leghe che vada incontro alle esigenze dei giovani.»

 

È realistico, in una realtà come il Milan, pensare a una carriera che inizi dall’attività di base?

«La nostra provincia, statisticamente, è quella che ha fornito più giocatori, dopo Roma e Napoli, alla serie A. Abbiamo un bacino d’utenza importante. Certo esiste la concorrenza – in primis Inter e Atalanta, che lavorano molto bene – però sono convinto che si possa operare efficacemente fin dall’attività di base. Poi la normativa ci consente di guardarci attorno, dai quattordici anni in poi, anche nel resto dell’Italia, e un grande club si deve muovere anche in quella direzione».

Cristian Brocchi, allenatore della Primavera del MIlan

Cristian Brocchi e Stefano Vecchi (tecnici di Milan e Inter Primavera n.d.r.) hanno recentemente sostenuto che i giocatori di quel livello fanno troppa fatica a inserirsi in prima squadra. Perché?

«Sì, è vero. Su questo stiamo lavorando, credo si debba cambiare metodologia di lavoro. Al Milan stiamo studiando nuove strade, per esempio lavorando un po’ di più sulla forza funzionale, per preparare i nostri giocatori a saper sopportare carichi di lavori propri della prima squadra. Penso che molto si giochi su questo piano. E questo a prescindere da quanto accennavamo in merito alla realtà degli altri paesi europei. Il nostro obiettivo è quello di consegnare al tecnico della prima squadra ragazzi che abbiano completato un percorso altamente formativo, in modo che siano pronti sul piano tecnico, tattico, fisico e atletico. Poi si può lavorare sulla capacità di reggere la pressione che comporta l’ingresso in prima squadra, ma il giovane ha bisogno di tempo e di poter sbagliare.»

 

A proposito di settore giovanile, c’è un fiocco rosa sulla bandiera rossonera. Il Milan s’è mosso immediatamente rispetto alle richieste della federazione riguardo al calcio femminile. Quanto ci credete?

«Se osserviamo il calcio femminile, nel contesto internazionale, è una realtà. Ci sono grandi nazioni che hanno creato movimenti importanti e quindi ci sembra giusto aderire a questo tipo di proposta suggerita dall’Uefa e concretizzata dalla Figc. Siamo curiosi di vedere come si svilupperà il progetto e contenti di partecipare a questa avventura che dovrebbe dare il là allo sviluppo del calcio femminile in Italia.»

 

Da anni prestate molta attenzione all’aspetto psicologico: come è evoluto questo settore?

«Maturando la convinzione che nelle fasce minori, ma anche a livello agonistico, siano fondamentali gli aspetti relazionali. Solo se arrivi al cuore del ragazzo riesci a ottenere il massimo. È chiaro che dagli Allievi Nazionali in poi questo si collega alla ricerca della performance e quindi significa lavorare su concentrazione e attenzione. Gli aspetti relazionali sono, comunque, i più importanti e li curiamo non solo nel rapporto fra ragazzi e figure istituzionali ma anche con i genitori, perché dobbiamo essere tutti alleati. Condivisione e rispetto dei ruoli, aiutano tutti a lavorare più serenamente alla formazione del giocatore.»

 

Quanto lavorate sulla formazione dell’allenatore?

«Ogni settimana ci si incontra, perché siamo tutti coinvolti in una formazione continua. Richiediamo quindi la capacità di mettersi in gioco, perché più ti metti in relazione e ti alleni al confronto e alla condivisione e più esprimi le tue potenzialità e quelle dei ragazzi. Organizziamo incontri con tutti i tecnici, ognuno presenta situazioni di gioco degli altri, ci scambiamo contenuti e li analizziamo a vicenda. All’inizio c’è stata molta diffidenza, ma col tempo si è verificato un salto di qualità nel confronto, aperto e senza paura di critiche reciproche. Tutti i week end gli allenatori, se possono, vanno a vedere la partita dei colleghi, la vivono con la stessa passione e poi ne discutono perché alla base c’è la condivisione degli stessi principi, idee e concetti di gioco. La base, insomma, su cui costruire un calcio formativo.»

 

In tre parole, in quali caratteristiche dovrebbe riconoscersi un giocatore del Milan?

«Coerenza, continuità e dinamicità, in termini di velocità di gambe e di pensiero.»

 

(clicca qui per leggere la prima parte - qui per leggere la seconda partequi per tutte le interviste di Allfootball)

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