TATTICA: COME ATTACCA LA NUOVA ROMA
I punti cruciali della rivoluzione giallorossa portata da Spalletti alla fase di possesso. Ecco perché la Roma è imprevedibile ed efficace in attacco.
Mercoledì 30 Marzo 2016 | Maurizio Vici

È davvero camaleontica la nuova Roma di Spalletti, che ha già spazzato via quella che fu di Garcia. Importante e significativo è il cambiamento radicale portato dal tecnico toscano alla fase di possesso. In attacco vengono utilizzati El Shaarawy e Perotti (i due acquisti di metà stagione), sfruttando le loro migliori caratteristiche. Nell’1-4-3-3 iniziale (durante le partite, però, il tecnico toscano varia senza batter ciglio giocate, movimenti e anche modulo) la Roma schiera Keita centrale basso con Nainggolan interno destro e Pjanic interno sinistro; il tridente è completato da Perotti centravanti (che centravanti non è) o Dzeko (foto 1).
Foto 1: il tridente giallorosso raccolto in pochi metri. Questo porta svantaggi dal punto di vista della pericolosità offensiva, ma offre la possibilità di recuperare immediatamente equilibrio in caso di perdita palla e necessario veloce riposizionamento per la fase difensiva.
GLI ESTERNI “INVERTITI”
Salah è un mancino che parte da destra tagliando spesso verso il centro e a volte sguarnisce la sua zona creando molto lavoro difensivo per chi viene schierato sul centrodestra o da esterno basso in catena. Il ritorno all’equilibrio prevede scalate orizzontali a iniziare da El Shaarawy, così da ricreare una nuova linea da quattro (foto 2).
Foto 2: Salah (cerchiato), reduce da un taglio profondo, innesta il movimento di tutti gli altri attaccanti e centrocampisti (le linee nere di corsa), atti a recuperare grazie a diagonali profonde equilibrio e copertura, soprattutto nella zona lasciata sguarnita dall’egiziano.
Anche il “faraone” gioca a piede invertito e taglia verso il centro, ma essendo più abituato a giocare a sinistra sa anche cercare il fondo e rientrare per inserirsi in area di rigore o andare al tiro col suo piede. Nel ruolo di centravanti Spalletti ha due alternative decisamente differenti l’una dall’altra: Dzeko, vero centravanti boa, oppure Perotti, fenomenale ad andare ovunque, tagliare, abbassarsi e addirittura impostare. A seconda di chi giochi dei due ovviamente cambiano i movimenti collettivi: si preferiscono i tagli col secondo piuttosto che la ricerca del fondo per il cross con il primo. La particolarità è che i movimenti all’indietro o verso l’esterno di Perotti e conseguenti tagli al centro di El Shaarawy e Salah fanno diventare la Roma un 1-4-3-1-2, i due esterni che fungono da attaccanti e Perotti da trequartista (foto 3).
Foto 3: il movimento all’indietro o anche laterale di Perotti con il conseguente movimento a convergere dei due esterni Salah ed El Shaarawy dà luogo a un estemporaneo cambio di modulo con Perotti in posizione di trequartista dietro alle punte Salah ed El Shaarawy (1-4-3-1-2).
LA DUTTILITÀ DI FLORENZI
Altra smaccata caratteristica della nuova Roma sta nei movimenti di Florenzi negli spazi liberati da Perotti. Il giovane talento costruito in casa è bravissimo e dinamico e si sa inserire con pericolosità sui movimenti incontro dell’ex genoano. Gli avversari faticano, in questi casi, ad adottare le giuste contromisure e vengono sorpresi dall’assenza di punti di riferimento in marcatura. Questo atteggiamento può in realtà generare il rischio di farsi trovare scoperti in caso di ripartenza avversaria ed essere costretti a un dispendioso lavoro di corsa e diagonali per recuperare il giusto equilibrio sotto la linea della palla.
UNA ROMA CHE CAMBIA VOLTO IN CORSA
All’inizio della fase di attacco Spalletti sistema Pjanic più vicino a Keita, per giocare molti più palloni in fase di impostazione in alternanza col maliano e togliendo anche qui agli avversari il riferimento certo del regista unico basso che crea e imposta gioco (foto 4).
Foto 4: qui si può vedere chiaramente come Keita e Pjanic siano molto vicini nel farsi dare palla dai difensori per impostare. In questo modo è più facile per uno dei due liberarsi da eventuali marcature preventive e creare nuove possibilità di sviluppo del gioco.
Ci troviamo di fronte, insomma, a una regia dalla panchina che si modella in base alle richieste del match. Questo camaleontismo tattico dà grande imprevedibilità offensiva ma, ovviamente, ogni taglio, movimento, cambio di giocata o spostamento di posizione devono innescare un automatico riaggiustamento a scalare di reparto o di catena per non farsi trovare scoperti in caso di ripartenza avversaria e ricreare un equilibrio che, a giudicare dalle tante vittorie consecutive, c’è e dimostra l’enorme lavoro svolto dal tecnico toscano dal suo arrivo.