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CALCIO: ALLENARE L’ATTACCO ALLA PALLA

Andrea Cristi risponde ai commenti dei lettori di Grandi Allenatori e di Allfootball su come allenare le uscite sul pallone.

La quinta domanda posta al Gruppo Grandi Allenatori verte su un aspetto chiave e anche complesso dell’allenamento del giovane (ma anche adulto) calciatore. Ai nostri lettori e a quelli del gruppo GA ha risposto il nostro esperto Andrea Cristi: «Innanzitutto va detto che l’argomento va analizzato diversamente a seconda che si tratti di un’iniziativa attuata in un contesto di reparto oppure nel caso in cui si debba affrontare un duello uno contro uno. Nel nostro caso restiamo nell’ambito della tattica individuale e ci occupiamo del secondo dei due aspetti».

 

DUE MACRO SITUAZIONI

«L’argomento, come dicevamo è molto complesso. Per semplificare ci soffermiamo sulle due situazioni principali e più leggibili, soprattutto dai calciatori:

  • attacco alla palla per prendere posizione su un attaccante che ne è in possesso;
  • attacco alla palla su una situazione di passaggio destinato all’attaccante.

Partiamo dal presupposto che la punta non si allunghi il pallone, lo sposti sotto stretto controllo. Nel primo caso è importante raggiungere la corretta presa di posizione iniziale e mantenerla anche quando l’attaccante si sposta. Se questo muove il pallone e non punta la porta, l’attacco alla palla non va portato. Se viceversa punta la porta, occorre cominciare a rispettare i principi di tattica individuale e attaccare il pallone. Il lettore Roberto Borrini indica in un metro e mezzo la distanza ideale da tenere. Attenzione: il concetto non è sbagliato, ma non possiamo essere così rigidi, dipende dalle caratteristiche dell’attaccante e del difensore. Se, per esempio, la punta è piccola e veloce e il difensore non lo è altrettanto, è opportuno distanziarsi un po’ di più. Corretto il ragionamento di Francesco Leone, ad esempio, quando introduce il concetto di gestire i tempi d’attacco provando anche la strategia della finta in aggressione. D’altro canto, riguardo a questa scelta, se la punta esegue un iniziale controllo orientato, il difensore deve puntare gli appoggi, frenare e prendere distanza, per non correre il rischio di essere saltato. La grande difficoltà nell’insegnare questo aspetto è che ha una grande componente percettiva personale, una dote che appartiene al dna di ognuno di noi: la capacità di saper leggere ogni situazione per quella che è.

 

SE LA PUNTA RICEVE PALLA

Nel secondo caso, invece, il difensore si deve muovere il più velocemente possibile quando la palla sta traslocando dall’avversario all’attaccante destinatario del passaggio. Successivamente, a palla controllata, punta gli appoggi e poi valuta che tipo di atteggiamento adotta l’attaccante. Se questi esegue una ricezione orientata, il difensore frena, fa perno sugli appoggi e segue per non farsi saltare; se l’attaccante invece ferma il pallone, è il caso di rallentare e trovare velocemente la corretta presa di posizione. In ogni caso, ovviamente, se il possessore di palla se la allunga troppo, è il momento di cercare il contrasto e l’intercetto.

 

COME SI ALLENA?

Dal mio punto di vista è un aspetto che va allenato strutturando delle progressioni su tutte le zone di campo, che simulano situazioni di gioco analoghe, anche nell’impostazione dal basso. L’uno contro uno non si allena solo nella propria metà campo, l’attacco alla palla va fatto anche sull’inizio della manovra bassa avversaria che coinvolge portiere, centrale ed esterno basso. Va allenato a 360°. I lettori citano molto, come strumento di allenamento, i rondos, il che mi trova parzialmente d’accordo. È un metodo corretto, ma non completo, perché manca il punto di riferimento della porta, che nelle situazioni che si verificano nei pressi dell’area di rigore è fondamentale. Detto questo, è corretta la domanda di Antonio Ippolito e quella di Francesco Persico (Michele Pappalardo giustamente chiarisce); Simone Fenu e Alessandro De Biasi fanno proposte in un contesto di reparto, che sarebbe oggetto di altro approfondimento. Corrette le considerazioni di Nicola Vantancoli, Luca Moraca, Roberto Borrini (attento al metro e mezzo!) e Jack Flash (molto dettagliato): un po’ generico, ma corretto Vincenzo Esposito. Bene anche Marco Rossini e Luca Bellini. Per loro vale il discorso fatto per il quale vengono a mancare dei punti di riferimento. Quella di Nicola Piccolo, così come è posta, sembra più orientata ad allenare il tiro in porta.»

Leggi gli altri post dei nostri esperti in risposta alle domande del gruppo Grandi Allenatori

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