CALCIO, INSEGNIAMO A MARCARE PRIMA A UOMO O A ZONA?
Filippo Baiocchi, allenatore dei Giovanissimi Regionali del Mantova, risponde a i nostri lettori e a quelli di Grandi Allenatori
Giovedì 28 Aprile 2016 | Redazione
Abbiamo girato a Filippo Baiocchi, allenatore dei Giovanissimi Regionali del Mantova, alcune delle risposte al primo quesito dibattuto nel gruppo Grandi Allenatori in collaborazione col nostro sito… “S’insegna prima l’uomo o la zona?” Il tecnico lombardo ha letto le considerazioni espresse da Marco Tomasetto, Marco Dario, Massimo Marangoni, Andrea Viola, William Palazzo, Vittorio Cornacchia, Fabio Pallari, Francesco Leone, Luca Bellini, Michele Pappalardo, Francesco Persico, Giuseppe Cerro e Oscar Salvetti: ecco le sue considerazioni in merito.
LE CONSIDERAZIONI DELL’ESPERTO
«In premessa tengo a precisare che ogni mia considerazione nasce da convinzioni che non hanno la pretesa di costituire verità assolute, sono adattate dal tempo in conseguenza a esperienze maturate e affrontate con spirito d'autocritica. Quando espongo qualsiasi argomento parto sempre dall’aspetto mentale ed emozionale considerando che ancor prima di giocatori o mister, siamo persone. Da questo nascono le mie convinzioni metodologiche tecniche, tattiche e gestionali. Per questo ho letto con attenzione tutti i commenti che mi sono stati girati e preferirei non valutarli singolarmente, piuttosto invito i sopra citati partecipanti al dibattito a leggere quello che segue, che è frutto delle mie riflessioni nate leggendo le loro considerazioni. Partendo dalla domanda tralascio l’aspetto tattico inerente a discussioni pro o contro i due sistemi di marcatura che riguardano soprattutto il calcio degli adulti.»
UNA POSSIBILE PROGRESSIONE CORRETTA
«Vi esprimo invece quella che credo sia la progressione corretta senza che sia precluso il fatto di allenare entrambe le situazioni congiuntamente. In ambito di calcio giovanile ho la forte convinzione che si debba insistere maggiormente sull’uno contro uno e sulla marcatura individuale, non tanto per una questione tattica ma perché sono dell’idea che aiuti a crescere giocatori di personalità, determinati e abili nel duello singolo. Questi in seguito potranno adattarsi a qualsiasi sistema di marcatura (individuale, zona o traiettoria del pallone). Credo che sia più facile adattare un “difendente” cresciuto a “uomo” alla “zona” che viceversa. Discorso a parte va fatto in merito alla lettura delle traiettorie del pallone per la quale subentra anche un importante fattore coordinativo spazio-temporale. Valuto la zona parte della tattica collettiva e che quindi si può organizzare, mentre considero marcare a uomo un’abilità individuale, un modo di essere da insegnare alla persona più che al giocatore. Penso inoltre che la marcatura a uomo incida maggiormente sul processo di responsabilizzazione del giocatore.»
A UOMO NELLA ZONA E A ZONA MENTRE SI È A UOMO
«Resta ovvio che dal punto di vista collettivo rimane comunque valido, anche marcando a uomo, il concetto di squadra stretta in fase di non possesso, disinteressandosi della zona debole del campo e facilitando densità in zona palla e relativo pressing. Queste convinzioni sono maturate anche in virtù di un’attenta analisi di quanto osservato negli ultimi anni nelle nostre massime serie (A e B), dove spesso noto lacune e difficoltà d’applicazione della marcatura a zona. Questo in parte credo avvenga a causa di un calcio che si è evoluto tatticamente e in velocità, un calcio che cerca e trova le giuste contromisure per eludere la zona stessa, ma anche per una certa carenza in molti difensori di oggi che probabilmente si presentano più evoluti ed eleganti da un punto di vista tattico, ma meno pratici e determinanti nell’uno contro uno.»