CALCIO, EURO 2016: L’UNGHERIA
Aggressività e cattiveria agonistica per proteggere una difesa non impeccabile. L’1-4-4-2 classico di Stork va a caccia dell’impresa.
Venerdì 27 Maggio 2016 | Paolo Tramezzani
L’Ungheria ha conquistato la fase finale degli Europei grazie alla vittoria contro la Norvegia nella doppia sfida playoff. I suoi numeri lasciano intuire quali siano le sue caratteristiche: gli undici gol fatti, come la Romania (seconda nel suo girone di qualificazione), testimoniano buona qualità in attacco, mentre i nove subiti (in 10 partite) tradiscono una tenuta difensiva tutt’altro che solida. Il superamento della fase a gironi sarebbe, per i magiari, già un risultato straordinario.
LA FASE DI POSSESSO
Partiamo dalla fase di possesso palla, che la squadra del tedesco Stork interpreta con un 1-4-4-2 abbastanza bloccato. Vista la poca qualità tecnica del reparto arretrato, uno degli espedienti tattici più utilizzati dagli ungheresi è il lancio lungo di uno dei due difensori centrali per la punta. L’atteggiamento propositivo della squadra porta tanti uomini ad attaccare la seconda palla, sfruttando le sponde del centravanti o eventuali rimpalli. A turno, uno dei due centrocampisti centrali si inserisce ottimizzando il movimento incontro di una delle punte. Dato il modulo scelto, è inevitabile che le catene esterne ricoprano un ruolo molto importante nel sistema di gioco di Stork. I meccanismi variano a seconda degli interpreti, alternando attacchi della profondità a movimenti incontro per creare spazio all’avanzata dell’esterno basso. Per quest’ultima soluzione, il più impiegato è Dzsudzsak, che, prediligendo ricevere palla sui piedi, si abbassa lasciando campo aperto ai compagni (foto 1).
COME SI DIFENDE
In fase di non possesso, il sistema di gioco cambia leggermente: si abbassa la seconda punta e si crea un 1-4-4-1-1. Nonostante l’atteggiamento sia quello di una compagine che lascia l’iniziativa all’avversario, la linea difensiva si posiziona molto alta e tiene la squadra corta. Tendenzialmente l’Ungheria non applica pressing organizzato, preferendo accorciare in pressione soltanto sul possessore di palla e concedendo l’eventuale scarico. Questo fa sì che se l’avversario riesce a far circolare il pallone velocemente, i centrocampisti vengono indotti ad avanzare e se la linea difensiva tarda a supportarli, si creano invitanti e attaccabilissimi spazi (foto 2).
FORZE E DEBOLEZZE DELL’IMPIANTO DI GIOCO
Il punto forte dei magiari è l’aggressività e l’atletismo con la quale approcciano alla partita. Non è mai facile stare al passo della squadra di Stork dal punto di vista fisico. Quando viene perso il pallone, tutti i giocatori ne cercano l’immediato recupero con grande determinazione, ricorrendo anche al fallo tattico piuttosto che perdere campo. Il punto debole sta nell’atteggiamento difensivo. I difensori centrali peccano in velocità, quindi la linea tenuta molto alta si espone ai lanci lunghi alle sue spalle. La squadra, inoltre, a volte esagera nello stringere e perde di vista gli inserimenti in profondità sul lato debole da parte dei terzini avversari (foto 3).
Concedere tante possibilità e tenere la linea così alta implicano che la squadra debba correre molto in fase di ripiego, facendo fatica poi a ripartire. A ogni modo, se l’Ungheria riuscirà a migliorare la fase difensiva, non renderà certo vita facile alle proprie avversarie, anche perché, tra l’altro, quando è opposta a squadre che vantano giocatori molto tecnici, non lesina l’utilizzo del fallo sistematico per rompere il ritmo avversario.
Scritto in collaborazione con Jacopo Gornati (New G Project).
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