Un blog al giorno

CALCIO: GESTIAMO IL SETTORE GIOVANILE

Il lavoro del responsabile di quest’area è cruciale per la società e i giovani calciatori. Consigli, compiti e responsabilità.

Per un responsabile di un settore giovanile marzo è importante per mettere le basi della programmazione futura: valutare la crescita delle squadre e prevedere possibili inserimenti grazie alla rete dello scouting. Si interagisce con gli staff tecnici per eventuali conferme o variazioni nell’organico, comincia la propaganda riguardante i campus estivi e si crea un business plan completo riguardante gli aspetti tecnici, organizzativi e finanziari da sottoporre all’attenzione del presidente. Puntualmente, il settore giovanile è influenzato dal rendimento di classifica della prima squadra e questo può generare ritardi nell’arrivo delle risposte necessarie per attivare l’intera programmazione. Nella maggior parte dei casi si arriva a fare i primi ragionamenti in chiave futura solo a maggio.

 

I COMPITI DEL RUOLO

Il ruolo del responsabile di settore giovanile è complesso poiché racchiude in sé molti compiti: l’ideazione e generazione del progetto tecnico (non tutte le società possono permettersi un responsabile tecnico ad hoc), la selezione dei collaboratori, la gestione dell’attività e quella del personale preposto a realizzarla. Egli cura i rapporti con i piccoli sponsor e ha la gestione della tutela sanitaria dei propri tesserati. Non devono mancare le competenze di marketing, necessarie per sviluppare le iniziative collaterali ai campionati veri e propri come campus estivi, tornei o progetti legati alla scuola. Ciò comporta che deve possedere più competenze, in particolare:

  • tecniche;
  • economiche;
  • organizzative;
  • relazionali.

Per essere propositivi e attivi nei confronti del progetto della società, in attesa di risposte circa il futuro, questo mese va gestito curando con attenzione l’ultima delle competenze, quella che lo coinvolge nelle relazioni con i veri fruitori dell’attività societaria, giocatori e genitori. In particolar modo va dedicato del tempo verso quei calciatori che stanno passando un periodo di difficoltà o che, qualunque sia il motivo, si sa già che non faranno parte del progetto tecnico futuro. Il responsabile del settore giovanile, soprattutto di una società professionistica, deve essere consapevole che ha una responsabilità importante: non deve creare nei suoi giocatori inutili aspettative verso il futuro. Dalle aspettative possono nascere delusioni e spesso ci troviamo di fronte a ragazzi che abbandonano di punto in bianco l’attività sportiva (tipico delle società dilettantistiche) o faticano a tornare nelle loro società d’appartenenza (tipico delle società professionistiche quando il ragazzo viene… “bocciato”). Queste aspettative, che possono ritorcersi come boomerang sull’attività dei giovani calciatori, spesso nascono dall’atteggiamento dei genitori che proiettano i loro sogni non realizzati sui figli.

UNA PROPOSTA PER PREVENIRE L’ABBANDONO

Va fatta, dunque, il più possibile, prevenzione. In una società dilettantistica si tratta di qualcosa di diverso rispetto ai comportamenti da adottarsi nei club professionistici. Nel movimento di base, nella maggior parte dei casi, non c’è selezione e, dopo i dodici anni, molte società continuano a tenere negli organici anche giovani che evidenziano lacune legate alle loro capacità motorie, fisiche e di mentalità, finendo però per relegarli in panchina fino a quando il loro morale non regge più. Perché non incentiviamo la cultura di una scuola calcio polisportiva nella quale il calcio è una delle tante attività proposte ed eliminando la specializzazione già in tenera età? Tale approccio aiuterebbe il bambino, già a 8 anni, a trovare la giusta strada in funzione delle sue capacità psicomotorie.

 

IL CASO DEL PROFESSIONISMO

In ambito professionistico o semiprofessionistico abbiamo invece a che fare soprattutto con genitori che si prefigurano un futuro già segnato per il loro ragazzo. «Calcia molto bene… è già seguito da alcuni procuratori… fin da piccolo si vedeva che aveva attitudini innate…» E sono gli stessi genitori che, una volta che il ragazzo non è stato riconfermato, iniziano una sorta di tour calcistico bussando alla porta di altre società di pari livello, salvo poi tornare all’ovile dando magari colpa al club che… «non ha mai capito il ragazzo» o «facevano giocare sempre i soliti 11…». Le selezioni e la ricerca di giovani di qualità vanno migliorate e gestite in maniera più capillare, soprattutto per evitare di creare inutili… “mostri calcistici”. È vero che l’obiettivo principale di un settore giovanile è quello di fornire più giocatori possibili alla prima squadra e che, una volta che i ragazzi raggiungono il livello professionistico, iniziano a essere considerati dei “prodotti”. Ma è anche vero che prima di considerarli calciatori, dobbiamo tener presente della loro dimensione umana e personale e che uno dei tanti obiettivi che un settore giovanile deve perseguire è quello di creare i futuri sportivi, tifosi, sostenitori e uomini (come si legge tra le righe nella dichiarazione della foto di copertina Filippo Galli, responsabile del settore giovanile del Milan, protagonista di una nostra intervista). Anche perché, come dice una famosa canzone: “Uno su mille ce la fa…” 

Leggi gli altri articoli a cura di Christian Botturi

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

UNA GUIDA PER CHI ALLENA SUI CAMPI ARTIFICIALI
UNA GUIDA PER CHI ALLENA SUI CAMPI ARTIFICIALI
LA MOBILITÀ GENERALE NEL CALCIO
LA MOBILITÀ GENERALE NEL CALCIO
I GIOCHI MOTORI PER LA SCUOLA CALCIO
I GIOCHI MOTORI PER LA SCUOLA CALCIO
CALCIO, GIOCHI DI POSIZIONE E ALLENAMENTO
CALCIO, GIOCHI DI POSIZIONE E ALLENAMENTO

AGGIUNGICI SU FACEBOOK

DIGITAL MAGAZINE

ALLENARE IL GIOVANE PORTIERE

Un programma per ottimizzare i tempi di lavoro e il numero di contatti con la palla quando lavoriamo con più portieri. Una semplice proposta per chi allena nei settori giovanili.

SFOGLIA

Iscriviti su ALLFOOTBALL oppure esegui il LOGIN