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ALLENIAMOLI A CRESCERE

La resilienza è una capacità che se ben sviluppata, e il calcio può aiutare a farlo, è decisiva anche nella vita. I consigli per allenarla e accrescerla.

Vorrei condividere con voi alcune riflessioni che prendono spunto dal video di apertura. Il filmato riprende uno stralcio di partita condotta dallo straordinario Massimo De Paoli, il focus è su un fantastico bambino (un 2007) e su come interpreta il gioco del calcio. Quali metodologie utilizzare, quali vie percorrere, quali esercitazioni proporre affinché i nostri giocatori normodotati possano acquisire almeno in parte le abilità di gioco di piccoli calciatori talentuosi come questo? In particolare, come sviluppare la resilienza nel calcio dei bambini? Perché di resilienza si tratta (e di molto altro). La parola resilienza trae la sua origine, nel 1955, dal lavoro di Emmy Werner, psicologa, che effettuò uno studio su bambini nati in povertà e in circostanze di vita disparate e difficili. Molti di essi, contro ogni previsione, sopravvissero alle avversità e addirittura riuscirono a raggiungere un ottimo livello di vita. Il termine può essere applicato in molti campi. Nel calcio rappresenta la capacità di superare indenni le numerose difficoltà che il gioco comporta fino a raggiungere il risultato: un gol in più rispetto all’avversario. La persona resiliente non è un supereroe, ma quando incontra, come tutti, il problema, sa contrastarlo. Una sorta di “adattabilità attiva” tra fattori di rischio e fattori protettivi. La tabella sottostante ne riassume schematicamente le caratteristiche base, tutte o quasi tutte rintracciabili nel comportamento del meraviglioso bambino protagonista del video.

COME FAR CRESCERE I NOSTRI CALCIATORI

Cosa è quindi utile fare, nei ragazzi delle nostre scuole calcio, perché possano affrontare e superare i problemi che la partita propone? Ecco la mia proposta.

Le esercitazioni sempre con l’avversario: mai senza il “nemico”. Strutturate esercizi in cui sia sempre prevista la presenza dell’avversario. Lavorare tanto sul dribbling: se non riesce la prima volta si riprova. Dobbiamo essere allenatori di lealtà, dello sforzo e a volte del dolore. Per far crescere forti i propri giocatori bisogna farli lottare, educarli all’aggressività intesa come modalità di affrontare gli altri, un modo di proporsi e di esplorare il confine e di performare al meglio ad alto livello.

No alla paura di perdere: Arrigo Sacchi nel suo intervento nel corso dello stage Allfootball di Colorno del quattro luglio scorso ci ha ripetuto più volte una frase: «vinci con onore, perdi con dignità». Se fin da subito sapremo comunicare nostri giocatori, col nostro comportamento, che il fallimento è una parte del processo di apprendimento, a sua volta fondamentale componente del successo, trasmetteremo ai ragazzi l’equilibrata autostima della quale necessitano.

Un semplice esercizio che aiuta a sviluppare anche l'autostima e anche la resilienza, clicca sull'immagine per aprire la scheda completa dell'esercitazione

Lo sforzo: da un modello di preparazione atletica totalmente condizionale, specialmente nel pre-campionato come si usava fare in passato, siamo arrivati quasi a rinnegarla del tutto, almeno non in questi termini. Ci sarebbe da discutere ma c’è un'aspetto che resta importante nei lavori di tipo metabolico: l’educazione allo sforzo. L’allenatore deve lodarlo: è una chiave per aprire la porta del successo.

Lavorare con rigore: alcuni studi dimostrano che non solo i bambini eseguono meglio le esercitazioni con allenatori severi ma che alla fine si rendono conto dei vantaggi di aver avuto qualcuno che ha detto loro di farlo di nuovo e di farlo meglio. La ricerca del massimo sforzo per tutto il tempo.

Allenare in situazioni generanti stress: se penso ai miei e a tutti gli alunni di quinta che ogni anno terminano il loro percorso scolastico mi viene un crampo allo stomaco. Fa male pensare di non poter camminare più con loro e sostenerli. È impossibile proteggerli dalle situazioni di stress per tutta la vita. Così penso succeda a ogni mister che dopo un ciclo lascia la propria squadra. Fondamentale è allora insegnare loro a convivere con situazioni di stress, a sviluppare la resilienza necessaria per vivere nel mondo reale, ad adattarsi e a saper guardare i problemi dalla prospettiva della soluzione. 

Un esercitazione più complessa sempre in tema, clicca sull'immagine per aprire la scheda completa dell'esercizio

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