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SIAMO TROPPO COMPLICATI?

L’allenatore efficace aiuta il calciatore a maturare le conoscenze che gli permettono di interpretare e risolvere le situazioni di gioco in modo semplice.

Il calcio è semplice, sì nella propria testa. E, dopo la partita, è facile trovare le soluzioni più idonee per affrontare l’avversario, come fanno i milioni di commissari tecnici che abitano in Italia. Il problema consiste nel dotare, prima, i propri giocatori del bagaglio necessario per risolvere le infinite situazioni che si trovano ad affrontare in partita. In questo consiste la differenza, sottile, tra creare una squadra che si fonda sull’acquisizione graduale delle certezze che derivano dalla presa di coscienza delle proprie capacità, ottenendo risultati che emergono da un gioco convincente; o, altrimenti, cercare di distruggere il gioco avversario, affidandosi poi all’estro e alle qualità del singolo elemento per risolvere l’incontro. E la differenza non consiste nemmeno tra la scelta di costruire da dietro o giocare sulla ribattuta e la conquista della seconda palla, ma nel saper infondere nella squadra la necessaria consapevolezza del proprio gioco, senza che questo diventi una gabbia e un limite, potendo poi interpretare la singola situazione nel modo più efficace. Altrimenti non costruirò una squadra solida e cosciente delle proprie qualità, ma un gruppo che partita dopo partita deve sperare di azzeccare il colpo o la giocata per risolvere l’incontro a proprio favore.

In pratica posso insegnare schemi e movimenti o, sarebbe auspicabile a mio avviso, concetti di gioco. Posso pensare di voler risolvere la maggior parte delle situazioni grazie al mio impianto tattico e alla capacità di rendere inefficace quello altrui o crescendo – tanto più nei settori giovanili – calciatori consapevoli in grado di trovare nel tempo soluzioni sempre più semplici, perché dispongono delle conoscenze e del grado di libertà necessaria per interpretare con mente aperta le situazioni di gioco. La bravura del maestro, e dell’allenatore, consiste nel passare ai giovani il proprio sapere, e non nel telecomandarli per vincere ed esaltare il proprio ego.

 

PER RACCOGLIERE OCCORRE SEMINARE

È facile? No, e spesso si eccelle proprio nel complicare le cose semplici. Perché? Il limite è insito non nella mancanza di conoscenze calcistiche (sovente, e meno male), ma nell’incapacità di trasmetterle efficacemente ai giocatori e nella mancanza della necessaria serenità per farlo dovuta all’incompetenza dei dirigenti che scelgono un tecnico per la qualità del gioco e poi non gli lasciano il tempo per insegnarlo.

E quindi? Scegliamo la soluzione più semplice per noi e non per la squadra: gioco speculare e qualunque artifizio tattico utile per mettere in difficoltà gli avversari e non per imporre il nostro gioco e coltivare le nostre certezze e i la nostra materia prima: il calciatore. E dunque finiamo per esprimere un gioco che, anche se conduce al risultato, non deve essere motivo di orgoglio perché non rappresenta l’espressione della crescita, della duttilità e del sapere del giocatore. Abbiamo, in pratica, trovato l’ennesima scorciatoia per ovviare alle carenze della nostra squadra, sulle quali non abbiamo il tempo, o la voglia, per lavorare. E tanto peggio se questo accade con i giovani. E poi non stupiamoci dell’involuzione del nostro calcio.

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