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I giovani vogliono divertirsi e amano le sfide. Utilizziamo questi due ingredienti per costruire allenamenti didatticamente efficaci.
Lunedì 31 Ottobre 2016 | Simone Susio
Per descrivere il ruolo dell’allenatore di settore giovanile utilizzo spesso una metafora: il cuoco. L’istruttore di calcio deve essere in grado di scegliere e assemblare gli ingredienti adatti al fine di creare, per i propri calciatori, un allenamento “appetitoso e saporito”. Le conoscenze di ogni cuoco sono legate all’esperienza accumulata negli anni e allo studio di nuove metodologie, così come lo è per l’allenatore di calcio. Rimanendo in tema allora la noia è la “pietanza calcistica” che è più indigesta ai piccoli calciatori. Perché? Perché, come mi conferma il tutor di questa serie di post lo psicologo Roberto Mauri, è contro il normale vivere dei bambini essere annoiato ed è quell’aspetto che più si scontra con il bisogno primario di ogni sportivo: divertirsi. Sbuffi, risate fuori contesto o palloni che continuano a uscire dal campo, durante la seduta, sono segni evidenti che il bambino ha ben altro per la testa.
ASSECONDIAMO I LORO BISOGNI
Provate a chiedere loro “perché giocate a calcio?”, la maggior parte di loro vi risponderà con sicurezza: “perché mi diverto!”. Del resto questo meraviglioso sport viene descritto tramite due parole una delle quali rappresenta per i giovani una necessità. Lo chiamiamo il gioco del calcio, eliminare da ogni allenamento l’ingrediente “gioco”, prediligendo una “dieta annuale” di solo calcio ricca di esercitazioni monotematiche rischia di far allontanare i giovani e avvicinarli al divano. Ho pensato di proporvi un esempio pratico proprio relativo a questo tema. Nel video di apertura potete vedere un’esercitazione analitica che ho proposto alla mia squadra. Gli obiettivi su cui ho “cucinato” l’attività proposta e su cui successivamente ho sviluppato la seduta sono:
Il video è diviso in due parti, fate un raffronto fra esse tenendo in considerazione gli obiettivi appena citati e l’età dei bambini (10 anni). Perché i ragazzi nella prima parte della clip sembrano annoiati? I giovani hanno la necessità di contestualizzare il gioco magari con l’utilizzo delle metafore e l’abitudine di sostenere un sovraccarico di stimoli percettivi in tempi e spazi limitati. Partendo da tali considerazioni vi chiederei di prendere visione del secondo filmato, considerando che all’esercizio sono state aggiunte due semplici varianti: a) il gioco proposto diventa “Il derby d’Italia: Milan Juve”; b) è stata inserita la componente sfida per stimolare divertimento e impegno. Che differenze possiamo trovare in questa seconda parte di clip rispetto alla prima? Ritornando alla metafora dell’allenatore cuoco, possiamo concludere che:
GARA A SQUADRE DI TRASMISSIONE E RICEZIONE
Due bambini sono distanti dieci metri (la distanza può essere variabile in base alle capacità dei giocatori) a metà viene preparata una porticina di un metro e mezzo. Si gioca a controllo e ricezione. Il mister può richiedere di ricevere con parti specifiche del piede e anche l’utilizzo di ambedue i piedi. Il pallone viene passato alternativamente una volta all’interno e l’altra all’esterno della porta variando anche il giro. Le varianti ludiche: il gioco proposto diventa “Il derby d’Italia Milan – Juve. Ogni passaggio giusto si guadagna un punto per la propria squadra. Al segnale dell’allenatore chi ha la palla diventa attaccante e deve cercare di portare la palla alle spalle dell’avversario difendente (il tecnico decide se si può passare all’interno della porta fatta di coni o all’esterno). I calciatori posso avere (solo l’attaccante o tutti e due) una pettorina infilata nei pantaloncini alle spalle, se chi difende riesce a catturarla l’azione dell’attaccante viene annullata.
Leggi gli altri post e guarda le esercvitazioni a cura di Simone Susio e Roberto Mauri
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