Infortuni: conosciamo meglio il nostro avversario
Una guida per affrontare al meglio l’insorgere di traumi e lesioni nel calciatore.
Lunedì 2 Febbraio 2015 | Gian Nicola Bisciotti e Piero Volpi
Il calcio può essere a tutti gli effetti essere annoverato tra gli sport ad alto rischio traumatico. Sono infatti i numeri a confermarlo inequivocabilmente. La percentuale di giocatori professionisti di sesso maschile che subisce una lesione nel corso di una stagione sportiva, è infatti compresa tra il 65 e il 91%, mentre per quel che riguarda la popolazione femminile di pari livello prestativo, tale percentuale risulta leggermente minore ma comunque compresa tra il 48 e il 70%.
Per sottolineare ulteriormente la rilevanza di questi dati, basti pensare che un giocatore di calcio inglese corre un rischio di incorrere in un infortunio circa 1000 maggiore a quello che risulterebbe essere il rischio lesionale a carico di un lavoratore nell’ambito industriale. Questo, oltre che suscitare l’interesse degli specialisti nell’ambito della riabilitazione e della prevenzione degli infortuni sportivi, ha ovviamente comportato un notevole impulso nella pubblicazione di lavori scientifici in ambito epidemiologico.
Il maggior numero di lesioni, nel calciatore, è a carico della coscia, seguita dalla caviglia, dalla zona pubica e dal ginocchio.
La lesione più ricorrente è quella muscolo-tendinea, seguita dai traumi contusivi e da quelli distorsivi. Ovviamente, le circostanze in cui si verificano le lesioni sono le più svariate e pertanto difficilmente classificabili in modo rigoroso.
Lo scopo di questa nostra rubrica è quello di inquadrare, da un punto di vista epidemiologico e clinico, le lesioni acute e da overuse (sovraccarico, n.d.r.) più frequenti in ambito calcistico, facendo anche riferimento ai mezzi riabilitativi e preventivi specifici da adottarsi.