Un blog al giorno

Dal dito puntato alla mano tesa

Un piccolo grande viaggio nel mondo delle mamme e dei papà al seguito dei loro campioncini

I quattro consigli chiave di Roberto Mauri

Questa è una rubrica dedicata ai genitori che, per scelta o loro malgrado, sono coinvolti nell’attività sportiva dei propri figli con tutto ciò che comporta sia per il loro ruolo, con relativi compiti, sia per gli effetti che produce sui ragazzi. Se, come ci ricorda un celebre psicologo, “Nulla agisce più fortemente sui figli che la vita non vissuta dai genitori” (C. G. Jung), questo è tanto più vero quando, soprattutto oggi, c’è di mezzo lo sport.  La questione è dunque delicata, e porta con sé aspetti nuovi, ancora non del tutto esplorati; nessuna generazione di genitori, prima di quella attuale, è stata infatti così fortemente coinvolta e impegnata nello stimolare e seguire l’attività sportiva dei propri figli, al di là del livello in cui gareggiano.

 

NON È PER NIENTE SEMPLICE

La posizione dei papà e delle mamme non è per nulla facile, non solo devono vedersela con le proprie aspettative, ma devono fare i conti con quelle sportive del figlio, quelle dell’allenatore e della società sportiva. Il rischio di sbagliare o non capirsi è elevato. Emblematico il caso di quel presidente di una società sportiva di quartiere che, dovendo ridurre il numero di piccoli calciatori per mancanza di allenatori, ha preferito “bypassare” i genitori e rivolgersi direttamente ai bambini (di soli otto anni!) tramite una lettera. In questa missiva è stato sostanzialmente comunicato loro di essere stati messi “fuori rosa”. Per tutta risposta i genitori non hanno saputo far di meglio che denunciare il fatto a un quotidiano nazionale, piuttosto che chiarire direttamente con i dirigenti la questione.

 

LAMENTARSI DEI GENITORI? QUASI UNA PRASSI

Così pure è diventato quasi scontato da parte degli “addetti ai lavori” lamentarsi del comportamento tenuto dai papà o dalle mamme durante le partite. Un’indagine svolta oltreoceano su allenatori (potevano dare risposte multiple) riporta come ben il 55% di essi dichiari che i genitori urlano da bordo campo frasi negative ai loro figli, il 44% afferma che questo avviene nei confronti dell’arbitro e il 40% verso gli altri bambini che giocano. 

Roberto Mauri, in alto a sinistra

BANDO AI PREGIUDIZI

È, in realtà, da giudicarsi abbastanza normale il fatto che i genitori in materia sportiva possano comportarsi un poco sopra le righe. Il punto è che a volte sembra che il rapporto tra le componenti sia già dall’inizio viziato da un pregiudizio, e impostato quasi in modo antagonistico. Il genitore sembra essere “automaticamente” visto come potenziale fattore destabilizzante, qualcuno che ha bisogno di essere a sua volta controllato ed educato. Quanti di voi genitori, specie a inizio stagione, siete stati trattati come se foste a vostra volta dei “bambini” ai quali spiegare come comportarsi?  Per contro, quante società sportive vi hanno incontrato e parlato in modo adulto, vi hanno chiesto quali fossero le vostre aspettative, il vostro parere sulle scelte operate, trattati da “clienti” quali voi in effetti siete e non come “intrusi”? Quante volte d'altro canto i genitori "squalificano" agli occhi del bambino l'operato dell'allenatore con critiche più o meno giustificate ma che di fatto rafforzano la frattura fra i due ruoli?

 

MANO TESA, GLI UNI AGLI ALTRI

L’obiettivo delle mie indicazioni basate sui miei studi e la mia esperienza è quello di dare gli strumenti per capire quanto è importante, invece, “fare squadra”. La grande maggioranza dei genitori dei ragazzi che giocano non sono impiccioni o prepotenti, e nemmeno degli ex-giocatori frustrati o nostalgici, ma persone normali, appassionate di sport solamente a volte incerte o confuse su cosa è bene o meglio fare per essere dei bravi genitori quando c’è di mezzo un campo di gioco. Come moltissimi allenatori sono degli ottimi tecnici che hanno studiato per esserlo e a loro , come genitori, dobbiamo affidarci e affidare con fiducia nostro figlio. Vogliamo provare a passare dal “puntare il dito”, al “diamoci la mano”. Cambiare simbolicamente un gesto per segnalare un cambiamento di atteggiamento e delineare nuovi comportamenti guida. Dare la mano è, tra l’altro, anche uno dei gesti sportivi più noti e praticati, un gesto di fair play tra i più comuni e universali. Perché non utilizzarlo anche tra noi genitori e verso gli allenatori?

 

Leggi gli altri post a cura di Roberto Mauri

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