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LE DUE LINEE GUIDA PER L’ALLENATORE

Giochiamo seriamente! Renzo Ulivieri indica in questo semplice concetto l’approccio ideale del lavoro dell’allenatore, soprattutto nei dilettanti.

Prosegue la chiacchierata con Renzo Ulivieri, che entra nel merito dei consigli pratici per gli allenatori. In questa seconda parte dell'intervista si sofferma sull'importanza del lavoro analitico, fondamentale momento di insegnamento per qualsiasi tecnico. Nella terza parte il presidente dell'Aiac scenderà ancora più nei dettagli con alcuni suggerimenti pratici per i movimenti degli attaccanti in area di rigore, dando il via, di fatto, alla collaborazione con Francesco Leone dell'Asd Filvilla e alla serie di articoli sull'esperienza della formazione toscana in seconda categoria.

 

Eravamo rimasti al concetto di riuscire ad allenare la squadra anche duramente, ma attraverso il piacere di giocare…

«Il nostro primo obiettivo è quello di proporre esercizi nei quali i giocatori si divertano. Deve essere un allenamento serio, ma allo stesso tempo giocoso. E guardate che questo vale a tutti i livelli, anche in serie A. La finalizzazione deve essere seria, ma il metodo deve passare attraverso il gioco e deve essere gradevole: queste sono le due linee guida sulle quali basare il nostro lavoro. In più, ovviamente, il dilettante ha diritto, più di un professionista, a divertirsi. Ed è sbagliato pensare “ma tanto non sono capaci, non lo sanno fare”. Se non lo sanno fare, glielo dobbiamo insegnare. Nei contenuti bisogna trasmettere loro il gusto di migliorarsi anche da un punto di vista tecnico. I mezzi per farlo sono tanti, ma il fatto, ridotto all’osso, è che se un giocatore colpisce male di testa o calcia male deve fare tanti colpi di testa o tanti tiri in porta, perché in partita poi quanti di questi gesti farà? Tre, cinque? Per cui quello che è il lavoro analitico va svolto, va svolta la tecnica.»

 

Qual è secondo lei l’aspetto o il gesto che viene maggiormente sacrificato?

«Soprattutto, il tiro in porta. Qual è la parte fondamentale dell’allenamento della pallacanestro? Tirare a canestro. Per noi invece non è il tiro in porta ed è sbagliato, perché più si calcia più si migliora. Questo ce lo dicono gli scienziati. Per imparare a fare una cosa dobbiamo ripeterla fino a che non l’abbiamo acquisita, invece che si fa di solito? Tendiamo a dire: “All’inizio no perché non sono caldi, alla fine no perché sono troppo stanchi…” Ai ragazzi tra l’altro piace tantissimo, quindi siamo noi che sbagliamo. Se tiriamo meglio, tra l’altro facciamo più gol, l’equazione è questa.»

 

Quindi, prediligiamo l’aspetto analitico rispetto al globale?

«Una volta lavorato, dal punto di vista tecnico, in modo analitico successivamente si passa al globale. Dobbiamo trovare la giusta misura da caso a caso e da situazione a situazione, ma per l’allenatore il ruolo resta quello. Se un giocatore per crossare si avvicina troppo alla palla o sbaglia a mettere il piede d’appoggio, noi dobbiamo aiutarlo a imparare un gesto tecnico che non sa fare o non gli viene istintivo. Baggio alla fine dell’allenamento prendeva le sagome, un sacco di palloni e si metteva a provare i calci di punizione. Più analitico di quello… E lo faceva Baggio! Qualcuno si lamenta delle difficoltà a insegnare calcio? Non ce ne sono mai: se si sa insegnare, non dobbiamo porci scuse; se non funziona dipende da noi come ci poniamo. A meno che non si faccia qualcosa di grossolanamente sbagliato, perché un’esercitazione sia valida è sufficiente spiegare ai ragazzi la sua finalità.»

 

Fine seconda parte - leggi la prima parte

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