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IL NOSTRO ALLENAMENTO È CORRETTO?

Seconda parte dell’intervista a Giambattista Venturati, ex preparatore fisico della nazionale, suggerimenti e indicazioni per lavorare al meglio sul campo.

Una delle esigenze del preparatore fisico e dell’allenatore dilettante è quella di misurare e quantificare il proprio lavoro per stimare la condizione dei giocatori. In quest'ottica, la valutazione del carico interno riveste un importanza cruciale per comprendere se l’allenamento che proponiamo è effettivamente allenante da un punto di vista fisico. Per questo motivo si cerca di programmare minuziosamente la singola seduta, la settimana di lavoro, il mese e, a grandi linee, tutta la stagione, anche se…

 

Programmazione, idee chiare ma anche un po’ di elasticità, i piani di lavoro rigidi sembrano ormai essere stati del tutto abbandonati.

«Certamente! Uno dei più grandi problemi che dobbiamo risolvere e affrontare, e vi garantisco sulla mia esperienza che vale in Terza categoria come in Nazionale, è il contesto in cui si lavora. Contestualizzare è la vera sfida, tu puoi preparare il piano di lavoro migliore al mondo, mai poi ti devi adattare all’ambiente in cui lavori, a tempi, spazi e difficoltà sempre di diversa natura. Se non ci riesci il tuo bel programma, pur validissimo nei contenuti, non avrà l’efficacia sperata e prevista. Quindi programmare va bene, ma siate pronti a tutto, è possibile che vi presentiate al campo con l’idea di effettuare un certo tipo di lavoro e invece dobbiate modificare qualcosa o addirittura l’intero programma seduta stante.»

Giambattista Venturati durante l'esperienza in nazionale qui con Mario Balotelli e Antonio Cassano

Quali strumenti sono consigliati all’allenatore dilettante o al preparatore alle prime armi per valutare il loro lavoro?

«Io uso le scale di Borg Rpe e Cr10 da 25 anni, sono uno strumento utile e semplice per misurare il carico interno al quale viene sottoposto il calciatore. Vorrei però sottolineare un altro aspetto molto importante: se i ragazzi e le ragazze vengono educati alla cultura sportiva e tu sei preparato e credibile ti daranno tutto quello che hanno.  I giocatori saranno in condizione e apprezzeranno il lavoro, anche quello duro, e non preoccupatevi se ci scappa qualche mugugno, fa parte del gioco.»

 

Una peculiarità dell’atleta calciatore? Qualcosa in cui deve assolutamente migliorare?

«Nell’idratazione! Il giocatore di calcio per cultura e abitudine beve troppo poco ed è soggetto a un calo fisiologico dell’idratazione intracellulare. Male, è scientificamente dimostrato che la carenza d’acqua nell’organismo genera un calo prestativo e quindi una maggiore predisposizione agli infortuni. Pensate anche a quante volte i calciatori a bordo campo sorseggiano dalle borracce e poi invece di ingerire l’acqua la sputano, è sbagliato! Attenzione inoltre ai liquidi ipersodici assunti, in genere, pensando di dissetarsi: favoriscono la diuresi quindi peggiorano l’idratazione, invece che migliorarla. Un altro grande difetto dei calciatori è legato alla scarsa cura degli aspetti preventivi che andrebbero svolti con preparatori, fisioterapisti e osteopati. Finché i giocatori non hanno avuto un’esperienza negativa, per esempio un infortunio, non lavorano in termini preventivi. Allora, utilizzando una semplice metafora, io vi chiedo: "Perché bruciarsi con il fuoco?" Lo sappiamo che fa male, non mettiamoci la mano sopra.»

Leggi la prima parte dell’intervista

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