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CALCIO: COMUNICARE CON I GIOVANI

La psicologa Isabella Gasperini commenta le risposte dei lettori alla domanda lanciata da Allfootball e Grandi Allenatori. Consigli pratici.

«La comunicazione è una condivisione di emozioni, a maggior ragione quando si ha a che fare con bambini e adolescenti. Non può essere fondata su comportamenti o espressioni precostituiti» afferma la psicologa Isabella Gasperini, che sarà uno dei relatori dello stage di Colorno del 2-3 luglio prossimi e che ha già affrontato l’argomento nel suo blog. «La comunicazione deve trasmettere energia propositiva, che ognuno di noi ha dentro. Quindi, Christian Lupo Lupo Calì bisogna capire che cosa e soprattutto in che modo comunico e dimostro con i più piccoli. Scrive bene Michele Pappalardo (“la comunicazione deve essere svincolata da canoni precostituiti e ondeggiare tra il rigore e la fantasia”), che si chiede però perché a volte non si riesca a trovare la modalità giusta. Questo accade perché non siamo abituati a lasciarci andare al nostro intuito, che sa guidarci benissimo a comunicare nel modo più adeguato in base sia al carattere del bambino sia alla sua età. Per sapersi lasciare andare bisogna essere preparati, quindi non limitati dell'incertezza di sbagliare, e soprattutto bisogna essere sicuri di se stessi perché ci si stima.

 

CONOSCIAMO NOI STESSI?

Questo è possibile se ci si conosce, se si sanno prevedere i propri limiti con i quali ognuno di noi inevitabilmente si imbatte. Molti mister vanno in crisi nella comunicazione e nella relazione con gli allievi perché gli eventi cozzano contro aspetti spigolosi del loro carattere, non riuscendo poi a tollerare ciò che avvertono di inadeguato dentro di loro. La mancanza di conoscenza di se stessi è forse il più grosso problema di tanti mister. Sotto questo aspetto il supporto dello psicologo all’interno della squadra e a disposizione dell’allenatore diventa fondamentale. Il mister va aiutato a comprendere in che modo lo coinvolgono i suoi allievi. Una volta che si renderà conto di quanto lui sia vulnerabile in certe occasioni, riuscirà a controllare ciò che appartiene alla sua vita e trovare la spontaneità che lo ispira a comunicare nella maniera più adeguata al suo interlocutore.»

 

COMUNICARE ESPRIME CIÒ CHE SIAMO
«È corretto approcciare alla comunicazione con i più piccoli intendendo il calcio come un gioco, come scrivono Thomas Franceschi e Jack Flash e come penso sottointendano Peo Pampa Ceccarelli e Jader Basei, al quale però dico che purtroppo non è possibile dare questo tipo di comunicazione per scontata.» «A Massimiliano Osman dico attenzione a pensare che la comunicazione sia un’arte (“la comunicazione è un’arte dove va utilizzato bene il timbro della voce, le pause, il tono...”). Comunicare è l'espressione di ciò che si sente, che si vive, che si pensa e il tentativo di condividere i propri vissuti con un interlocutore. Ciò che regge la comunicazione, come ho ricordato all’inizio, sono le emozioni, che regolano il tono della voce, l'enfasi con cui si parla, il timbro della voce. Tutto ciò deve essere il più spontaneo possibile. L'arte intesa come un metodo che si può imparare non si addice alla comunicazione perché sarebbe come mettere in gabbia il gabbiano Jonathan Livingstone! Per trovare il giusto modo di comunicare bisogna imparare prima a volare. E cioè a esprimersi con serenità ed esporre pensieri liberi e costruttivi.»

 

ASCOLTIAMOLI E CAPIAMOLI, PER AVVICINARCI A LORO

«Mi piace l’approccio di Francesco Mere sul linguaggio del corpo, che però deve essere guidato dalla sensibilità nel "sentire" le emozioni dei propri allievi. Bisogna conoscere il bambino nelle sue caratteristiche, bisogna sapere cosa si aspetta dall'adulto per ogni fascia d'età, cosa rappresenta per lui identificarsi con il mister e stabilire con lui un legame di affetto. Solo così l’allenatore giungerà a utilizzare la comunicazione migliore, sarà l'attenzione per il proprio allievo a suggerirglielo.»

 

Leggi gli altri post con il commento dei nostri esperti alle considerazioni dei lettori.

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