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CALCIO GIOVANILE: IL MILAN DI FILIPPO GALLI

Il club rossonero punta alla formazione di calciatori “pensanti”, capaci di saper leggere e interpretare il gioco. L’importanza dell’attitudine al sacrificio e l’esempio di Calabria.

Prosegue il nostro viaggio alla scoperta del vivaio del Milan. Filippo Galli spiega obiettivi, metodologie e caratteristiche del giocatore da…. Milan.

 

In alcuni modelli formativi, soprattutto in Europa, si tende a specializzare il giocatore e quindi può capitare che quando esce dal contesto in cui è cresciuto faccia fatica ad affrontarne altri. Voi come ovviate?

«Fino ai giovanissimi nazionali l’obiettivo è quello di far vivere esperienze multiruolo ai nostri giocatori. Giocare in zone di campo differenti, significa infatti affrontare motivazioni e stati d’animo diversi. Arriviamo alla specializzazione solo nelle categorie superiori, ma anche tra gli allievi i nostri ragazzi vivono e sperimentano il cambiamento di ruolo. Spesso abbiamo arretrato il centrocampista centrale o una mezzala nel ruolo di centrale difensivo perché, come ho spiegato in precedenza, vogliamo costruire dal basso mentre nel calcio italiano spesso si sposta un difensore centrale a centrocampo per interrompere le traiettorie di passaggio e distruggere il gioco avversario. Noi vogliamo fare la partita ed essere protagonisti poi è chiaro che c’è l’avversario. Di conseguenza, se non ci riusciamo vuol dire che dobbiamo lavorare sia sulla metodologia sia sulla formazione dei giocatori.»

 

Quindi siete per la formazione di giocatori duttili o, alla fine del percorso, per la creazione di calciatori specializzati in un ruolo o in compiti abbastanza definiti?

«Noi crediamo che sia importante la conoscenza del gioco, dei principi del calcio, per aiutare il giocatore a capire quando deve andare a occupare uno spazio, quando deve liberarlo, quando deve correre in profondità o piuttosto venire incontro. Non lavoriamo per schemi prestabiliti, ma cerchiamo di formare i nostri ragazzi a saper leggere e interpretare le diverse situazioni di gioco. Credo che questa sia la formula vincente, perché si formano giocatori capaci di interpretare le richieste di qualunque allenatore.»

 

Come si coniuga, in una realtà come il Milan, la necessità di crescere il giocatore e quella di ottenere il risultato, da un certo punto in poi è un’esigenza dalla quale non si sfugge…

«Siamo convinti che le due cose non debbano essere necessariamente separate, vogliamo vincere perché è nel nostro dna, quello del Milan che è un grande club, ma vogliamo farlo attraverso il gioco e la prestazione.  Sappiamo perfettamente che questo è un carico per i ragazzi, da un punto di vista cognitivo, però riteniamo che soltanto attraverso questo passaggio, questa sorta di esame, si possa “pesare” i nostri giocatori, per capire se siano in grado di affrontare una carriera professionistica di livello adeguato.»

 

Si fa più selezione da un punto di vista del carattere, delle qualità umane o delle doti tecniche e fisiche? Cosa e quanto incide ad alto livello?

«Io credo che il talento maggiore in un giocatore sia la capacità di applicarsi, se ha questa indole, questa qualità, poi diventa fondamentale che il ragazzo mostri doti tecniche e cognitive per saper riconoscere le situazioni e lo sviluppo di gioco. In questo caso si fa “bingo”: qualora un calciatore abbia qualità tecniche e di lettura delle situazioni ma non possegga l’attitudine al sacrificio e all’applicazione ritengo che non possa diventare un giocatore completo e, tanto meno, un campione. Questo è il nostro pensiero.»

Davide Calabria

Prendiamo l’esempio di Davide Calabria. Quanto è difficile completare l’innesto in prima squadra?

«Il perfezionamento, come lo chiamiamo noi, è l’ultimo tratto del percorso di formazione ed è molto complesso. Come gestire efficacemente il ragazzo quando esce dal settore giovanile per approdare in serie A o per maturare esperienze in altre squadre è in costante fase di studio e perfezionamento. Di questo se ne occupa il management della prima squadra e sarebbe l’ideale trovare soluzioni adatte a ogni singolo giovane dal punto di vista tecnico. Poi può capitare, come è successo a Calabria, di avere l’opportunità di mettersi in mostra perché si sono creati spazi in un ruolo e in quel caso si deve essere bravi a sfruttare l’occasione. Adesso spetta lui confermare nel periodo agonistico quanto di buono ha mostrato.»

Fine seconda parte (clicca qui per leggere la prima parte - qui per tutte le interviste di Allfootball)

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