CALCIO: L’ALLENATORE, CONOSCENZE E COMPETENZE
Il mister deve osservare la squadra, sapere che cosa guardare, individuare cosa correggere e decidere su cosa lavorare.
Martedì 2 Agosto 2016 | Angelo Pereni
Ogni allenatore, nel suo lavoro, deve partire dai giocatori, da quello che meglio sanno fare (singolarmente e assieme) per poi far sì che esprimano, sul campo, il massimo delle loro potenzialità. Il tecnico non deve pretendere che la squadra esegua sul campo azioni mandate a memoria frutto esclusivamente di quello che lui immagina. Quello che si chiede ai calciatori deve essere eseguito sulla base delle loro conoscenze e capacità, il gioco è già nella loro testa. Anche per questo, concetto già espresso nel precedente post, è importante, in allenamento, non proporre esercitazioni lontane da quello che realmente accade in partita. L’allenatore competente è quello capace di riconoscere ed elaborare le informazioni ricevute dai giocatori, deve pensare a loro come soggetti e non oggetti.
ALLENARE LA SQUADRA COME UN TUTT’UNO
Il calcio ha una logica che unisce tutti i giocatori e i reparti fra loro. L’esercizio che è rischioso e “disgrega” è quello proposto scomponendo il gioco. Separando l’attacco dalla difesa, per esempio, perché c’è un solo calcio, non due parti distinte. Già durante la fase di possesso generiamo le condizioni di quando dovremo difendere e viceversa. Il concetto di transizione e il suo sviluppo infatti, nel calcio moderno, è determinante ai fini del risultato. In fase difensiva si può cedere a insegnare automatismi specifici, che però non sono ostacolo alla libertà di espressione dei calciatori ma semplicemente la sublimazione della loro intelligenza al servizio della squadra (seguono due esercitazioni a titolo esemplificativo).
ALLENIAMO L’ATTACCO E IL PRESSING PER LA RICONQUISTA ALTA IN INFERIORITÀ
ALLENIAMO LA DIFESA IN INFERIORITÀ
CONOSCENZE E COMPETENZE DELL’ALLENATORE
Non bisogna, infine, confondere le conoscenze con le competenze. Le prime non sono tangibili, si creano con il lavoro, l’esperienza, la voglia di mettersi in discussione e crescere. Le altre invecchiano tanto rapidamente da essere, a volte, inservibili anche se sono, nel calcio d’oggi, un’ossessione. Tutti, nel nostro mondo, badano a crearsi competenze (società, allenatori, addetti ai lavori, giornalisti e genitori) perché in esse vedono la possibilità di capire meglio il mondo che li circonda e trascurano le conoscenze. Eppure, nel lavoro con la squadra, per poter cercare una ragione, un perché alle cose dobbiamo conoscere, ovvero sapere cosa cercare. La conoscenza è tutta racchiusa nella nostra mente e lì dobbiamo guardare se vogliamo sapere. È logico che immediatamente dopo avere capito cosa cercare si mettono a frutto le competenze. Se, però, continuiamo a considerare le conoscenze come qualcosa di inservibile, di vecchio, di poco pratico e le competenze come la nostra unica via di approcciarci alla realtà, restiamo nel mezzo del guado. Saremo come chi ha in mano degli strumenti, ma non sa cosa farsene perché le condizioni per saperli usare cambiano di continuo. Lo sport, da questo punto di vista, ti arricchisce sempre e ti dà lezioni di vita. Perché lo sport è come l’arte: trovi sempre un nuovo obiettivo che si trasforma e ti insegna a metterti in gioco. In continuazione.
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