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SEGNALI DA NON SOTTOVALUTARE

Il comportamento di un ragazzo, a uno sguardo attento, dice molto. Soprattutto all’allenatore che lo conosce. Ecco cosa osservare.

Questa volta parliamo di lettura e ascolto, al fine di stabilire la prospettiva migliore nel decifrare i segnali di disagio nei ragazzi. Identificare le situazioni di difficoltà non è semplice. Occorre una premessa. L’essere allenatore non significa, a nostro avviso, arrivare al risultato punto e basta. Nella nazionale di San Patrignano, il mister è un tutor, il prolungamento nella vita della guida in campo. Una persona amica che si interessa realmente ai ragazzi della squadra e sente la responsabilità della loro integrità oltre l’aspetto sportivo. Entra in gioco il principio dell’educatore ed è in quanto tale che è possibile aprire gli occhi laddove si creano episodi di crisi. Guardare un ragazzo che pratica il calcio, il più delle volte rivela il vero temperamento della persona, al di là di quello che mostra di essere fuori dal campo. Facciamo degli esempi: un ragazzo timido e riservato può essere un lottatore in partita e viceversa. L’educatore nella sua prossimità ai giocatori tiene conto della duplicità dei ruoli, in campo e fuori, e della singola complessità della persona riuscendo a tracciare un quadro completo di ognuno.

 

CAMPANELLI D’ALLARME

Può capitare che sia il ragazzo stesso a lanciare segnali attraverso atteggiamenti insoliti. Ritardi, maggiore irritabilità, possono essere campanelli d’allarme così come il passaggio repentino da una grande partecipazione all’apatia. Episodi che si ripetono senza soluzione di continuità indicano una spaccatura nel modo di essere del ragazzo. Anche la maniera di allenarsi e di stare nella competizione può essere eloquente, anche qui infatti possono riflettersi gli atteggiamenti che sottendono una crescente difficoltà.

Se è vero che l’uso di droghe è la conseguenza di un malessere più profondo, l’osservazione dell’allenatore si deve fare più acuta e capire di quali sostanze si sta abusando. Fermarsi, inquadrare la situazione, significa drizzare le antenne su alcuni comportamenti. Se il ragazzo ha un eccesso di foga, una maggiore resistenza, se anticipa i tempi, si può riconoscere un uso di cocaina o pasticche. Se i segnali sono opposti si può pensare a eroina. Se i riflessi rallentano e aumenta l’ilarità allora si può immaginare una frequentazione assidua con gli spinelli.

L’allenatore deve saper guardare e tradurre i gesti. Occhi rossi con le pupille dilatate o a capocchia di spillo, lo sguardo confuso e perso, l’eccessivo grattarsi il naso. Si tratta di congiungere i punti. La vera indole del ragazzo, infatti, è quella che dimostra in campo, lì non si atteggia ma rivela se stesso.

Marcello Chianese, il mister della cosiddetta nazionale di Sanpatrignano

E ADESSO?

A quel punto, in genere, il tecnico cerca di coinvolgere i genitori, ma spesso i problemi del ragazzo riflettono quelli del nucleo famigliare. E quindi, se uno se la sente, diventa il regista della possibile soluzione a una situazione complessa. Il confronto con la famiglia permette in ogni caso di verificare se ci sono segnali che confermano la nostra impressione: abbassamento dei voti a scuola, sta fuori tutta la notte, si chiude in casa e si isola.

Attenzione, però, non esistono segnali univoci da riconoscere, ma una serie di cambiamenti che indicano la presenza di un disagio cui prestare attenzione, rispondendo con la propria presenza ai richiami d’attenzione del ragazzo.

Un altro strumento è il trend scolastico, ma su un periodo lungo, perché il comportamento nel tempo permette di cogliere cambiamenti che, nel breve, potrebbero sfuggire.

È chiaro che in questi casi ci si assume una grande responsabilità, però un allenatore ha delle leve importanti per motivare il ragazzo a reagire e a modificare i propri comportamenti, sempre in accordo con la famiglia.

Se poi dopo le verifiche parlate con il ragazzo e questi nega il tutto, spesso vuol dire che si è colto nel segno… ma attenzione, pensare di risolvere il problema intervenendo da soli è sbagliato.

La prossima volta vi spieghiamo perché. 

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