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CALCIO: L’ALLENAMENTO AEROBICO

Giorgio D’Urbano e Giambattista Venturati rispondono al gruppo Grandi Allenatori: quando effettuare del lavoro aerobico a secco, e perché?

La domanda, posta volutamente in modo generico, voleva senz’altro solleticare il confronto sul “quando” effettuare lavori aerobici all’interno della seduta e sul “perché” della scelta intrapresa. Per aerobica s’intendeva sicuramente la Potenza (Massimiliano Osman così come Sabatino Coppola pongono una domanda legittima), ma è possibile che qualcuno lavori ancora, volontariamente o non, sulle capacità e resistenza aerobiche, strettamente collegate fra loro. Inoltre, sottolineare “a secco”, visto l’appunto per altro condivisibile di Luca Bellini, ha senso in mancanza di strumentazioni tecnologiche, perché consente di lavorare su distanze e tempi individuabili e di conseguenza permette la somministrazione degli esatti carichi esterni; inoltre, con la rilevazione di quelli interni, dà la possibilità al tecnico di “misurare” con ragionevole certezza il “peso” dell’allenamento. Giorgio D’Urbano, a questo proposito (vi riproponiamo uno stralcio delle sue indicazioni), ci aveva già dato qualche indicazione nell’alleniamoci insieme vissuto come tutor di Allfootball nel corso della scorsa stagione, fornendo esercizi col pallone, ma consigliando il “secco” quando si rende necessario, come per esempio nel caso citato da Francesco Persico.

 

L’INTERVENTO DI GIORGIO D’URBANO

«In linea generale le possibilità si riducono a tre – ci aveva consigliato – e dipendono tutte dalle esigenze del tecnico e dal programma di lavoro che è stato pensato e stilato. Se la seduta è ragionata per fini prevalentemente tecnici, allora sicuramente la parte aerobica va effettuata al termine», come afferma anche Matteo Baesso. «Nel caso in cui l’allenatore non abbia particolari esigenze tecniche o tattiche, allora consiglio di alternare le proposte». Quindi la parte aerobica può essere programmata anche nella fase centrale della seduta, come predilige Antonio Ippolito il martedì. È importante, però, come ci aveva consigliato l’attuale preparatore atletico della nazionale italiana di pallavolo, avere ben chiari i carichi ai quali stiamo sottoponendo i giocatori. «La terza possibilità è che il mister opti per un robusto lavoro condizionale; in questo caso, la parte atletica va all’inizio e ciò che resta lo si fa in situazione.»

 

I CONSIGLI DI GIAMBATTISTA VENTURATI

L’ex preparatore fisico della nazionale italiana di calcio Giambattista Venturati, a sua volta, ci fornisce qualche ulteriore indicazione: «Secondo me - e tengo a sottolineare che la verità assoluta in tasca non l’ha nessuno -, il lavoro aerobico può essere inserito in qualunque momento della seduta. Va distinto, molto in generale, il lavoro a bassa intensità (sotto soglia anaerobica o S2), quello a soglia anaerobica (S4) e quello sopra (over S4). Si sceglie, poi, in funzione dell'obiettivo tecnico della seduta, come scrive correttamente Riccardo Andreani. L’inizio dell’allenamento va bene per tutte e tre le modalità. A metà della seduta eviterei l’over S4, solo se le esercitazioni tecnico tattiche sono intense e probabilmente a carattere lattacido. Al termine della seduta vanno bene le scelte S2 e S4. Si può anche inserire l’over S4, ma deve esistere un obiettivo specifico. Bisogna rispettare la propedeutica del lavoro fatto in precedenza e quello che programmerò nella seduta successiva. Quello che va definito in maniera chiara sono gli obiettivi che vogliamo raggiungere: il mezzo è il veicolo di trasporto per arrivare alla meta fisiologica. Quello che fanno Michele Frasca e Antonio Ferraiuolo – aggiungere rapidità al termine della seduta - non è sbagliato di per sé, ma consiglio di fare attenzione: dipende da quanto lattato hanno prodotto i calciatori. Il compenso alattacido, per esempio, non serve se il lavoro in precedenza è stato di tipo lattacido. Consiglio, inoltre, di allenare la velocità, se di quello si tratta, in situazione e in condizioni di non stress. Come indicazione generale, state sempre attenti a non confondere il mezzo con gli obiettivi e non fate confusione tra questi ultimi. In realtà, infatti, non serve un eserciziario, ma la fisiologia e il tentativo di applicare la fisiologia. Thomas Franceschi è in linea con le indicazioni di massima che vi avevo fornito qualche tempo fa (leggi l’intervista a Giambattista Venturati); anche l’intervento di Nicola Piccolo è sostenuto da ragionamenti che hanno logica, soprattutto dal punto di vista del tecnico che opera nei dilettanti e deve mediare l’attività fisica con le esigenze di chi, fondamentalmente, viene al campo per divertirsi.»

 

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