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CALCIO: CHE TIPO DI GENITORE SEI?

Papà e mamma, come vi comportate quando vostro figlio gioca o si allena? Divertitevi a individuare la vostra categoria di appartenenza.

Nessun individuo è uguale a un altro, lo sappiamo, ma quando si parla di genitori “sportivi” ci si assomiglia tutti o per lo meno abbiamo la nostra… “tribù” di riferimento. Eccoci, aspettiamo (im)pazienti fuori dalla porta dello spogliatoio. I commenti si sprecano, gli sguardi partono, il giro di messaggi whatsapp è già online. Oltre a guardare i ragazzi che giocano o sentire l’allenatore ci guardiamo anche tra di noi. Divertiamoci, allora, a trovare la categoria nella quale ci riconosciamo di più o a cui vorremmo appartenere.

 

IL NEGOZIATORE: “IL DOMATORE DI LEONI”

Ci mettiamo volentieri in disparte a guardare quanto accade, non perché non abbiamo emozioni, ma perché non ci piace perdere l’autocontrollo, come tanti genitori “caciaroni” che vediamo intorno a noi. La cosiddetta passione sportiva non ci appartiene o comunque non la mostriamo. Tendiamo a procedere con metodo, soppesando vantaggi e svantaggi. Se per caso il ragazzo viene richiamato dall’allenatore o viene sanzionato dall’arbitro, preferiamo prestare attenzione ai fatti invece di reagire in base alle sensazioni, ci concentriamo su cause ed effetti di gioco, evitando di recriminare, traendo conclusioni affrettate. Per sostenere le nostre posizioni e quando trattiamo decisioni da prendere con allenatori e dirigenti amiamo raccogliere prove e portare utili esempi pratici. Salvaguardare l’autonomia sportiva del bambino, anche a rischio di apparire troppo distaccati o disinteressati, è il nostro obiettivo. Alla fin fine, siamo ragionevoli e affidabili, ma ci sembra che i momenti di incontro o confronto siano una perdita di tempo, senza capire che in questo modo lasciamo andare occasioni di aggiornamento e verifica.

 

IL FILOSOFO: “IL CALCIO COME LEZIONE DI VITA”

Il momento agonistico per noi è l’occasione di approfondire lo stare al mondo. L’importante è “tirare le somme”, ovvero dare un senso compiuto e “ordinato” alla coinvolgente esperienza sportiva che ci accomuna ai nostri figli. Il bello di essere lì con gli altri genitori è estrarre dall’esperienza agonistica concetti e principi validi in generale, soprattutto nella vita fuori dal campo di gioco. Siamo sensibili alla coerenza e al rispetto delle regole. Mentre il figlio disputa la partita, non stiamo a osservare più che tanto la qualità della sua prestazione, ma preferiamo la visione d’insieme, analizzare il gioco delle squadre, valutare ipotesi di tattiche e strategie di gioco differenti.  “Soffriamo di perfezionismo” e questo ci porta ad analizzare, comprendere e dare spiegazioni alla luce di teorie profonde e complesse. Quando nostro figlio, dopo la partita, ci chiede un confronto, sappiamo sempre offrire attenzione sincera e ascolto, ma soprattutto ci sforziamo di essere obiettivi. Perché alla fine i conti devono tornare, anche per nostro figlio.

 

IL PRAGMATICO: “CHE FACCIAMO INSIEME?”

Ci lasciamo coinvolgere completamente e senza pregiudizi dalle vicende sportive che riguardano i nostri figli. Abbiamo un atteggiamento aperto, disponibile alle novità e amiamo “vivere” la partita in simbiosi con i ragazzi e tutti i genitori. Ci piace sentirci squadra con la squadra. Se il bambino (o la bambina, vale per tutto l’articolo ovviamente) durante la partita cerca la nostra attenzione, ci viene spontaneo assecondare e agire in funzione delle sue richieste. Quando interveniamo in senso educativo, però, tendiamo ad agire in modo diretto, ad arrivare subito al “dunque”, trascinati dai risultati immediati senza a volte valutare con attenzione le conseguenze. Ci piace cercare il confronto con gli altri genitori e condividere le cose da fare, anche se sappiamo di essere discontinui e un po’ umorali (in particolare le mamme). Al termine della partita più che reagire in base al risultato o concentrarci sulla specifica prestazione del figlio, vogliamo cogliere le posizioni degli altri genitori e l'atteggiamento prevalente verso la squadra. In questo senso, da un lato ci sforziamo di essere positivi, offrendo proposte e soluzioni concrete agli eventuali problemi emersi, dall'altro tendiamo a rispettare le scelte e seguire le indicazioni del gruppo. 

IL COMBATTENTE: “LA BATTAGLIA DELL’ONORE”

Ci entusiasmiamo facilmente, sappiamo di essere contagiosi nel trascinare e dare l’esempio, cosa che nostro figlio e anche gli altri genitori ormai si aspettano da noi. Tendiamo a immedesimarci molto e a condividere l’esperienza dei figli, a volte senza porci troppi limiti, quasi fossimo a nostra volta in campo. Quando il ragazzo gioca, gli urliamo consigli prima e oltre l’allenatore, al di là della qualità e delle caratteristiche della partita. Quello che chiediamo ai nostri figli è di essere all’altezza della sfida e della nostra (prima che della loro) reputazione. Quando i risultati non arrivano, non nascondiamo la nostra impazienza in gesti e parole. Se nostro figlio si trova in difficoltà, tendiamo a intervenire d’istinto in suo favore, prima di esaminare il contesto o la situazione nel complesso. L’obiettività non è il nostro forte, ma per fortuna agli altri piace la nostra generosità e disponibilità, specie se ci sono problemi da risolvere. Tutti sanno che su di noi si può contare.

 

Vi abbiamo proposto alcuni profili, che è frequente trovare in tribuna. È probabile che ve ne siano venuti in mente altri. Proposta: domandatevi che genitore sportivo siete o volete diventare. Quando in una squadra c’è un giocatore bravo, anche i compagni meno dotati tecnicamente migliorano, seguendo il suo “muoversi” in allenamento e in campo. Pensate che questa “regola” si possa applicare anche nel nostro caso? Perché non provarci? Si può sempre migliorare o cambiare, basta allenarsi e scendere in campo convinti! Nel prossimo post vi spiegheremo come.

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