CALCIO: VINCERE CON I GIOVANI
Don Alessio Albertini ci accompagna dentro le società calcistiche di settore giovanile. Pregi, difetti e qualche consiglio per migliorare rapporti e risultati.
Giovedì 4 Febbraio 2016 | Gianluca Ciofi
Le società di settore giovanile: che siano all’interno di un oratorio o meno poco importa, perché le dinamiche, i pregi e i difetti sono gli stessi. Don Alessio Albertini vive di pane e calcio da sempre. Respira quotidianamente l’aria delle piccole realtà calcistiche, ascolta allenatori, genitori e giovani calciatori...
Per i lettori di Allfootball la prima parte della nostra intervista.
Permette, fin da subito un’entrata a gamba tesa? Allenatori e genitori di una società di settore giovanile: troppi galli nello stesso pollaio?
«(sorride, ndr) Come sempre, ognuno deve saper riconoscere il proprio ruolo, tenendo tra l’altro ben presente che al centro ci sono dei ragazzini. Non è semplice far andare d’accordo tutti, anche perché non è semplice far incontrare le parti per programmare e decidere. La riunione con i genitori, la prassi più diffusa fra le società di settore giovanile per fissare le regole e le linee guida prima che inizi la stagione o per fare chiarezza su comportamenti, carenze, chiarimenti circa la vita di società a stagione in corso, viene snobbata dalla maggior parte di loro. È un successo se si presentano in tre, che poi sono quelli più attenti e impegnati, quelli in altre parole che potrebbero farne a meno.»
Don Alessio Albertini e il calcio. Una “passionaccia” nata sui campi di periferia e cresciuta a San Siro per tifare la squadra del cuore e il fratello Demetrio. Autore del libro “Non accontentatevi di un pareggio mediocre” (Ed. La Meridiana, 2015), è consulente ecclesiastico nazionale del CSI (Centro Sportivo Italiano)
Quale potrebbe essere la soluzione?
«Sarebbe sicuramente più utile e produttivo far sottoscrivere ai genitori un decalogo all’atto dell’iscrizione. Poi si può anche indire nel corso dell’anno una o più riunioni, che a quel punto diventano anche occasione per far intervenire qualcuno, facendola gestire da un esperto, uno psicologo, un educatore che sia in grado di mettere a frutto il tempo investito.»
Che tipo di rapporto si crea e dovrebbe esserci tra società e genitore?
«Di collaborazione. Purtroppo però non è sempre così. Spesso, tra il genitore che partecipa e la società si creano frizioni, e nella maggior parte dei casi è la società ad abbassare la testa: non sa come fare a dettare le regole e a volte scende a compromessi, nel farle rispettare, per meri motivi economici. È necessario dialogare.»
In uno schema del genere, il bambino in che… ruolo gioca?
«Bella domanda, anche perché i bambini di oggi hanno delle “agende” terribili. Escono da scuola alle quattro e mezza e per gran parte della stagione è già buio… Oltre a essere provati da otto ore di lezioni. Prima fare sport era un hobby, adesso è diventato l’unico modo per muoversi. Per noi fare calcio era avere l’insegnamento della tecnica e del giusto modo di muoversi, adesso per molti bambini è l’unico momento nel quale fanno attività fisica. Se a noi chiedevano una capriola, ne facevamo due. Se molti bambini d’oggi provassero a farne una, bisognerebbe chiamare l’ortopedico per… “ricomporli”.»
Ridiamo al bambino il suo tempo libero?
«Sì. E invece di lasciarlo a casa o portarselo dietro nelle diverse commissioni che noi adulti siamo costretti a smaltire quotidianamente, accompagniamolo a praticare sano sport o divertirsi con gli amici, che sia in un oratorio o in una società sportiva.»
I camp estivi potrebbero essere un buon punto di partenza, non trova?
«Certo. Rispondono a una richiesta sportiva vera e propria, votata all’agonismo, e dall’altra parte permettono al bambino di divertirsi e stare con i propri coetanei. Le parlo della mia esperienza diretta: le offerte estive degli oratori sono imbattibili, fanno numeri incredibili e sono frequentati da tutti, cristiani praticanti, non praticanti ma anche non cristiani. Questo perché l’attività oratoriana è conosciuta come un’attività di “babysitteraggio buono”: i genitori sanno che all’oratorio vengono dati buoni insegnamenti, è chiaro che sta poi a noi saper appassionare il ragazzo. Questo è comunque un discorso che vale per qualunque realtà che abbia a che fare con i più giovani.»
Fine prima parte - leggi la seconda parte – Leggi tutte le altre interviste di Allfootball