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Con pochi allenamenti a disposizione gli Ssg sono un versatile strumento per esercitare tecnica, tattica e restare in forma. Mettiamoli in relazione ai carichi esterni.
Martedì 9 Febbraio 2016 | Francesco Leone
Gli Small Sided Games sono uno strumento di lavoro che sta sempre più prendendo piede fra gli allenatori. Questi giochi hanno il grande vantaggio di concentrare obiettivi di natura tecnica tattica e anche fisica all’interno di una singola esercitazione. Sono partite a ranghi ridotti, che possono variare dall’uno contro uno fino ad arrivare al cinque contro cinque. Personalmente li utilizzo molto e se da una parte riesco (per quanto riguarda gli aspetti tecnici e tattici) a strutturarli abbastanza comodamente, ho un po’ più difficoltà a valutare i carichi esterni, quindi il loro peso da un punto di vista condizionale. Ho chiesto perciò consiglio al nostro compagno di viaggio e tutor Stefano Fiorini, presidente dell’Aipac, per fare chiarezza sui miei dubbi al riguardo. La prima questione che gli ho posto è quanto e come cambia l’obiettivo fisico dell’esercitazione al variare di tempi, spazi e ripetizioni e di conseguenza gli ho chiesto qualche consiglio per essere sicuro di lavorare in maniera corretta.
SPAZIO PARAMETRO FONDAMENTALE
«Lo spazio da utilizzare – mi ha chiarito – è un parametro fondamentale e va cambiato in base all’obiettivo fisico che vi ponete. Più si riduce lo spazio a disposizione per ogni singolo giocatore più aumentano il numero di accelerazioni, frenate e cambi di direzione con conseguente incidenza sulla parte di allenamento muscolare. Un altro aspetto da tenere in considerazione è la capacità tecnica dei giocatori. Il rischio di giocare in uno spazio troppo piccolo con capacità tecniche non eccelse è di avere la palla spesso fuori dal gioco, il che fa calare di intensità il lavoro.» Per avere dei punti di riferimento chiari mi ha fornito questi parametri: ogni giocatore deve avere una superficie di area di lavoro media inferiore a 70 metri quadrati e non superiore a 100 - 105 metri quadrati. Quindi dividete l’area di lavoro totale per il numero di giocatori coinvolti, il risultato deve rimanere all’interno dei parametri precedenti.
TEMPI DI LAVORO E DI RECUPERO
Altro aspetto importante è ovviamente il tempo di esecuzione e quello di recupero, e anche questo varia in base al tipo di esercitazione. Si va dai trenta secondi di lavoro dell’uno contro uno ai quattro minuti per il cinque contro cinque. Per il recupero i rapporti consigliati sono, nell’uno contro uno, dall’1 a massimo il doppio del tempo di lavoro, e nel cinque contro cinque, dall’1 all’1 a tre quarti del tempo di lavoro. Per essere più chiari, in un uno contro uno lavoro trenta secondi e riposo massimo un minuto (un esempio in figura 1, clicca sull’immagine per aprire la scheda completa dell’esercizio).
In un cinque contro cinque lavoro quattro minuti e ne riposo tre. Il recupero lo possiamo impostare in forma sia attiva sia passiva in base anche alle condizioni climatiche. Io, nelle giornate molto fredde, utilizzo il recupero attivo mandando i ragazzi in corsa lenta a recuperare i palloni sparsi per il campo. Il numero di ripetizioni consigliato è dalle sei volte dell’uno contro uno alle tre, massimo quattro, del cinque contro cinque. Per mantenere alta l’intensità è opportuno tenere sempre una buona quantità di palloni a disposizione da rimettere in gioco in tempi stretti (lo possono fare i portieri o noi mister). Dal mio punto di vista, se serve lavorare con intensità, è meglio dare le correzioni tecnico tattiche durante il recupero fra una serie e l’altra per non interrompere l’esercitazione e farle perdere di efficacia sotto l’aspetto fisico (un ulteriore esempio in figura 2, clicca sull’immagine per aprire la scheda completa dell’esercizio).
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